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Inizia ben 20 giorni prima e termina 10 giorni dopo: le stagioni dei pollini di oggi durano di più rispetto a 30 anni fa e presentano il 21% in più di polline disperso nell’aria, acuendo i disagi per chi soffre di allergie ai pollini. A sostenerlo è uno studio pubblicato sulle pagine della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences da un gruppo di ricercatori guidati da William Anderegg della University of Utah School of Biological Sciences (Stati Uniti), secondo cui i cambiamenti climatici causati dall’uomo giocano un ruolo significativo nell’allungamento della stagione dei pollini e un ruolo parziale nell’aumento della quantità di polline disperso nell’aria. Un problema, quello delle allergie ai pollini, che nel nostro Paese si stima riguardi circa 10 milioni di persone.
Il ruolo dei cambiamenti climatici
Sebbene studi precedenti condotti su piccola scala, in serra o in singole località, avessero già evidenziato che segni distintivi del cambiamento climatico indotto dall’uomo (come l’aumento della temperatura e della presenza di anidride carbonica nell’atmosfera) potessero causare una maggiore produzione di polline legata all’aumento delle temperature, nessuna ricerca aveva finora esaminato il comportamento dei pollini su scala continentale o calcolato se il cambiamento climatico potesse risultare coinvolto in questo meccanismo.
Uno studio lungo 30 anni
I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni misurando la presenza di pollini e muffe nell’aria per quasi trent’anni, tra il 1990 e il 2018, attraverso il monitoraggio effettuato da 60 stazioni di rilevamento distribuite tra Stati Uniti e Canada. Dai dati raccolti è emerso che le quantità di polline a livello nazionale siano aumentate di circa il 21% durante il periodo di studio, rilevando in particolare maggiore produzione di pollini da parte degli alberi rispetto ad altre piante. “Un certo numero di studi su piccola scala avevano già indicato forti legami tra temperatura e polline – spiega Anderegg -. Questo studio rivela la medesima connessione ma su scala continentale, e collega esplicitamente le tendenze del polline al cambiamento climatico causato dall’uomo. Il forte legame rilevato tra il clima più caldo e le stagioni dei pollini – conclude Anderegg – fornisce un chiaro esempio di come il cambiamento climatico stia già influenzando la salute delle persone negli Stati Uniti”.