La trombocitemia essenziale colpisce in genere le donne attorno ai 60 anni. Può interessare, però, anche le più giovani. Il 20% delle donne colpite ha infatti meno di 41 anni. La trombocitemia può poi diventare un problema molto serio se si mette in conto una gravidanza, che è possibile a patto di seguire un percorso ben monitorato.
La trombocitemia essenziale è una malattia cronica che colpisce il midollo osseo, il tessuto che si trova all’interno delle ossa e da cui parte la produzione delle cellule del sangue. Le cause non sono ancora note, ma grazie alla ricerca scientifica è stato possibile individuare tre alterazioni del Dna presenti nell’80-90% delle persone affette da questo tumore del sangue.
La più comune è una mutazione del gene Jak2 coinvolto nella produzione delle cellule del sangue. La presenza di queste mutazioni non è sufficiente per dare la diagnosi di trombocitemia essenziale, perché possono essere presenti anche in pazienti colpiti da altre patologie croniche. La loro presenza permette di escludere le forme secondarie di trombocitemia e di comprendere meglio il rischio di trombosi e di progressione della patologia.
I sintomi più comuni sono da riferirsi alla circolazione dei piccoli vasi sanguigni come formicolii, prurito e cambiamenti nella sensibilità di piedi e mani, fischi e ronzii nelle orecchie, lampi e visione offuscata, vertigini e mal di testa. È possibile anche avere delle perdite di sangue dal naso, dalle gengive o nel tratto gastrointestinale a causa dell’aumento eccessivo di piastrine nel sangue.
Nelle persone colpite da trombocitemia essenziale si verifica, infatti, un aumento di queste cellule: in condizioni di normalità sono necessarie per fermare il sanguinamento in caso di traumi o ferite, ma quando sono in eccesso possono causare la formazione di trombi (cioè coaguli) nei vasi sanguigni, con conseguente rischio di ostruzioni. I pazienti con trombocitemia essenziale sono quindi soggetti a maggiori rischi di complicanze tromboemboliche.
È documentato che le donne con trombocitemia essenziale corrono maggiori rischi rispetto alla popolazione generale di andare incontro ad aborto nel primo trimestre di gravidanza. Questo succede per lo più a causa di infarti multipli a livello placentare. La relativa rarità di gravidanze in donne con questa patologia rende difficile avviare studi controllati e prospettici. A oggi le uniche fonti di informazioni sulle donne con trombocitemia essenziale in gravidanza sono quelle che si riescono a trarre da studi retrospettivi.
Per le donne che soffrono di trombocitemia essenziale la gravidanza è sì un percorso possibile, ma richiede attenzione e monitoraggio. Va quindi programmata e seguita attentamente dall’ematologo di riferimento, oltre che dal ginecologo, per il rischio di complicanze. A seconda della presenza di altri fattori di rischio, il team valuterà la situazione e prescriverà, se necessario, una terapia farmacologica così da minimizzare i problemi e aumentare le possibilità di portare a termine normalmente la gravidanza.
Fonti / Bibliografia
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