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Anche in Italia sarà possibile operare la spina bifida nel feto ancora in utero con un’operazione mini invasiva, secondo quanto annunciato da Isabella Fabietti del Centro di chirurgia fetale della clinica Mangiagalli di Milano.
Ridurre le conseguenze
Oggi la spina bifida si opera dopo la nascita, quando però i danni sono ormai irreversibili. Intervenire nel secondo trimestre di gestazione permetterà, invece, di diminuire le conseguenze. Sarà possibile grazie a dispositivi high tech che consentono di operare in utero in endoscopia, una tecnica già applicata dal team della Mangiagalli in casi di gravi malattie che richiedono un intervento chirurgico immediato sul feto. Per offrire un servizio di consulenza rivolta a medici e pazienti è a disposizione la app “Chirurgia Fetale”, messa a disposizione dalla Clinica Mangiagalli.
Un difetto congenito
La spina bifida è un’anomalia fetale congenita dello sviluppo del sistema nervoso centrale e può provocare disturbi gravi, come la paralisi degli arti inferiori, incontinenza urinaria, idrocefalo. Questo avviene perché la parte terminale della spina dorsale non si è chiusa correttamente e il midollo è venuto a contatto con il liquido amniotico. Più tempo trascorre a contatto, più gravi saranno i danni. La malattia si può diagnosticare con l’ecografia di secondo livello; in genere si può riconoscere intorno alle 20 – 21 settimane, cioè quando si fanno i normali accertamenti ecografici.
La diffusione in Europa
L’incidenza della spina bifida è variabile: si va dal 5 per mille di Islanda, Inghilterra, Scozia e Irlanda allo 0,5 per mille dell’Italia. L’assunzione di acido folico rappresenta una valida forma di prevenzione dell’anomalia, ecco perché va preso almeno due mesi prima del concepimento.