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C’è una possibile e pericolosa correlazione tra il virus Zika e la microcefalia fetale. Si tratta di un legame altamente rischioso in quanto non esiste protezione contro questo virus perché il vaccino è ancora lontano. Secondo l’European centre for disease prevention and control, infatti, l’infezione virale può essere la causa di questa malformazione fetale caratterizzata da ridotto sviluppo cerebrale, il cui numero di casi è molto aumentato negli ultimi anni in Brasile. Il boom di casi è così anomalo che ha indotto il piccolo stato di El Salvador, in America centrale, a invitare le donne a evitare le gravidanze fino al 2018.
Innocuo al di la della gravidanza
La possibile correlazione del virus Zika con la microcefalia fetale è il motivo dell’attenzione dedicata a questa malattia, che di per sé è innocua. Il virus è noto sin dalla fine degli anni ’40: appartiene al genere “Flavivirus” e si trasmette attraverso le punture di zanzare del genere “Aedes”, in particolare “Aedes aegypti”, nelle zone tropicali.
Simile a quello della dengue
Gli scienziati sono partiti dallo studio del patrimonio genetico virale: secondo uno studio dell’Istituto Pasteur della Guyana francese, il sequenziamento ha mostrato la stretta parentela tra Zika e altre infezioni come dengue e chikungunya.
Proteggersi dalle zanzare
Al momento, però, non esiste ancora un vaccino. Per chi deve recarsi nelle zone a rischio, l’unica misura precauzionale consiste nel proteggersi dalle punture di insetto, utilizzando un repellente dall’alba al tramonto, indossando abiti di colore chiaro, dotando le camere di zanzariere e utilizzando impianti di aria condizionata.
Rimandare i viaggi nei Paesi a rischio
Data la possibile correlazione del virus Zika con la microcefalia fetale, fino a quando non si saprà di più, alle donne in stato di gravidanza, o che la stanno pianificando, è consigliato di rimandare i viaggi verso le aree a rischio: i danni sul feto avvengono nel primo trimestre di gravidanza, quando una donna può non sapere di essere incinta.
Fare controlli al ritorno
Quelle rientrate in Italia che, entro 3 settimane dal viaggio in tali Paesi, riportano i sintomi della malattia, come febbricola, eruzioni cutanee, congiuntivite, mal di testa e dolori articolari, devono consultare il medico. Anche coloro che non hanno sintomi, ma hanno viaggiato in quelle aree, devono segnalarlo. In un caso su 4 infatti la malattia non dà alcun segno. La presenza di alterazioni cerebrali del feto è evidenziabile dalle ecografie normalmente eseguite in gravidanza.