Translucenza nucale: cos’è, quando si fa e valori da valutare

Silvia Finazzi A cura di Silvia Finazzi Pubblicato il 30/01/2025 Aggiornato il 30/01/2025

È un’ecografia che permette di calcolare se il bebè ha un alto o basso rischio di avere anomalie cromosomiche. Per avere un risultato più attendibile, meglio eseguirla con il bitest

ecografia della translucenza nucale

L’esame della translucenza nucale è una particolare ecografia non invasiva che può essere eseguita verso la fine del primo trimestre di gravidanza per valutare se il bambino è a rischio di alterazioni cromosomiche/genetiche. Si tratta di un test di screening precoce, non di un esame diagnostico.

Non può quindi essere utilizzata per porre una diagnosi certa, ma solo per calcolare le probabilità che il bebè nasca con delle anomalie. Nel caso in cui dall’esame emergano dei sospetti, occorre sottoporsi ad altre indagini più approfondite per avere risposte attendibili al 100%. Una translucenza nucale aumentata, dunque, non significa che il bambino è sicuramente portatore di un’anomalia cromosomica, ma semplicemente definisce le sue classi di rischio.

Che cos’è la translucenza nucale

La translucenza nucale è una fessura localizzata nella zona posteriore della nuca del feto, sotto la cute, dove durante il primo trimestre di gravidanza si raccoglie fisiologicamente un liquido. L’esame ecografico della translucenza nucale o NT (dall’inglese Nuchal Translucenc) misura lo spessore e le caratteristiche strutturali di questa raccolta (che appare traslucida all’esame) e, sulla base di ciò, stabilisce il rischio di alterazioni cromosomiche nel feto. All’aumentare di questo valore, infatti, aumentano anche le probabilità che il piccolo sia portatore di un’anomalia cromosomica, come la Trisomia 21, ma non solo. Mediante questo esame è possibile calcolare il rischio di:

  • anomalie cromosomiche, come quella dei cromosomi 21 (sindrome di Down), 18 (sindrome di Edwards) e 13 (sindrome di Patau),
  • malformazioni cardiache,
  • altre anomalie congenite, come anomalie scheletriche, la sindrome di Turner e la sindrome di Noonan,
  • l’ecografia può segnalare anche un ritardo di crescita intrauterino.

Quando si fa

L’ecografia della translucenza nucale va eseguita nel primo trimestre di gravidanza, idealmente fra la 11ima settimana di gestazione e la 13+6 giorni. In genere, infatti, il liquido tende ad aumentare nel primo trimestre in parallelo all’accrescimento della lunghezza fetale, per poi scomparire nel secondo trimestre.

L’esecuzione, di per sé, è semplice, ma l’esame richiede esperienza, capacità e una certificazione specifica per poterlo eseguire. Nella maggior parte dei casi, si procede con un’ecografia addominale esterna, ma talvolta può essere necessario ricorrere all’ecografia transvaginale. Il bambino deve essere posizionato di profilo, con la testa in asse con la colonna, non flessa o iperestesa, così da poter vedere facilmente la zona sotto la nuca, dove c’è la translucenza nucale: sull’ecografia di vedrà una sorta di cornice nera con uno spessore più ampio sotto la nuca. La misurazione si fa da bordo a bordo, nella parte più spessa, e va ripetuta più volte. L’esame ha una durata variabile a seconda di come è posizionato il piccolo e di quello che si riesce a vedere, in alcuni casi si protrae anche per 30-45 minuti.

Translucenza nucale e Bitest: differenze

La sola misurazione della translucenza nucale non è più ritenuta sufficiente come test di screening per le anomale cromosomiche fetali. Le linee guida aggiornate raccomandano di eseguirla nell’ambito del Bitest o test combinato, una metodica più approfondita e complessa. Come dice il nome stesso, questa indagine combina due esami:

  1. l’esame della translucenza nucale;
  2. un prelievo del sangue materno, eseguito tra la 10ima e la 13ima settimana di gestazione, per misurare i livelli di due particolari proteine: il free-β- hCG,  un ormone prodotto dall’embrione, e la PAPP-A, proteina plasmatica associata alla gravidanza. In genere, nelle gravidanze in cui il feto ha un’anomalia cromosomica i dosaggi della free Beta HCG sono molto più elevati, mentre quelli della PAPP-A sono molto più bassi.

Lo spessore e le caratteristiche strutturali della translucenza nucale e i livelli delle proteine vengono inseriti in un software che valuta altre caratteristiche del feto, della donna e della gravidanza, calcolando in maniera più precisa il rischio di anomalie cromosomiche.

Può anche far nascere il sospetto di tutta un’altra serie di patologie e difetti da indagare in modo più approfondito. Anche in questo caso, però, non si può avere una certezza diagnostica. Il Bitest ha una sensibilità del 90-95% circa. Questo significa che se è negativo il rischio di anomalie è basso ma non nullo, mentre se è positivo che il rischio è alto ma non certo, per questo possono essere necessari ulteriori accertamenti diagnostici.

Valori e parametri

Per poter effettuare l’esame della translucenza nucale la lunghezza cranio-caudale del feto deve essere compresa tra 45 millimetri e 84 millimetri. Le misurazioni del liquido che si trova sotto al collo del piccolo, infatti, vanno valutate in relazione alle sue dimensioni e all’epoca gestazionale. Non esistono dunque valori assoluti di normalità.

In genere comunque si considerano alti i valori sopra i 3,5 mm. Se i valori della translucenza sono elevati, di solito il ginecologo consiglia di eseguire altri esami per chiarire meglio il quadro, come la villocentesi, l’amniocentesi e/o uno studio dell’anatomia e funzionalità cardiaca fetale.

Quando preoccuparsi

Qui di seguito uno specchietto riportante i valori di questo esame e quando sono un campanello d’allarme per ulteriori indagini.

  1. Rischio Basso, inferiore a 1 probabilità su 1000: in genere non sono indicati altri approfondimenti.
  2. Rischio Intermedio, probabilità compresa tra 301 e 1000: si possono proporre alla donna altri test, come il test del Dna fetale circolante (cfDNA/NIPT).
  3. Rischio Alto, superiore a 1 probabilità su 300: solitamente si procede con un colloquio per discutere il risultato e decidere gli accertamenti successivi come l’esame diagnostico (amniocentesi o villocentesi).

Se dal Bitest emerge una probabilità superiore alla media che il bambino abbia un’anomalia cromosomica è consigliato un consulto specialistico. I medici indicheranno alla coppia qual è il percorso migliore da seguire e quali sono gli accertamenti più indicati.

Se invece gli esami sono negativi e indicano un rischio basso, in genere, si suggerisce alla donna di continuare a eseguire i normali accertamenti previsti nel corso di una gravidanza fisiologica come l’ecografia morfologica.

Costi

Da qualche anno, il test combinato è offerto gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale a tutte le donne. Per prenotare le prestazioni presso le strutture pubbliche o convenzionate è necessaria un’impegnativa che riporti il codice esenzione per gravidanza rilasciata dal medico di medicina generale o dal ginecologo del consultorio familiare o dell’ospedale. Tuttavia, in alcune regioni è necessario pagare un ticket, con costi che possono partire dai 25 euro circa in su.

Tuttavia, non sempre si riescono a prenotare gli esami nei tempi utili: in queste situazioni potrebbe essere necessario farli a pagamento. I costi variano da struttura a struttura e da regione a regione, si va dai 70 ai 300 euro.

 
 
 

In breve

L’esame della translucenza nucale è una particolare ecografia che va eseguita fra le 11 settimane di gestazione e le 13+6 giorni e che serve per sapere se il bambino è a rischio di alterazioni cromosomiche/genetiche. Oggi si raccomanda di eseguirla nell’ambito del Bitest, che prevede anche una particolare analisi del sangue materno. In questo modo, i risultati sono più attendibili. Va specificato però che queste indagini hanno solo un valore predittivo e non diagnostico: risultati positivi non indicano che il bambino avrà necessariamente un’anomalia cromosomica, ma solo che ha una probabilità più elevata di averla. Per fugare ogni dubbio, i medici possono prescrivere altri accertamenti.

 

Le informazioni contenute in questo sito non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto fra professionisti della salute e l’utente. È pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o specialisti.

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