Esami prenatali in gravidanza: è boom di quelli non invasivi

Roberta Raviolo A cura di Roberta Raviolo Pubblicato il 22/03/2017 Aggiornato il 22/03/2017

Con un semplice prelievo di sangue è possibile conoscere la percentuale di rischio di alcune patologie cromosomiche. Ecco perché gli esami prenatali in gravidanza sono sempre più richiesti

Esami prenatali in gravidanza: è boom di quelli non invasivi

Gli esami prenatali in gravidanza non invasivi sono sempre più richiesti in Italia. Negli ultimi anni la richiesta di Nipt (Non invasive prenatal testing) è aumentata, in parte perché si è spostata in avanti l’età media della maternità (si fanno figli sempre più tardi e l’aumento dell’età materna è correlato con un aumento del rischio che il feto sia affetto da anomalie dei cromosomi), in parte perché questi esami sono semplici da eseguire e non invasivi, al contrario di metodiche come l’amniocentesi che implicano una percentuale, anche se bassa, di rischio aborto.

Cifre da capogiro

Negli Stati Uniti il mercato ha raggiunto i 613 milioni di dollari nel 2015 e, secondo le stime, supererà i 2 miliardi di dollari tra 6 anni, per arrivare a 5,5 miliardi entro il 2025. E anche in Italia gli esami prenatali in gravidanza non invasivi sono sempre più richiesti.

Test sul Dna

Il test si basa sull’analisi (effettuata grazie a moderne tecniche di sequenziamento) di piccole porzioni di Dna fetale che circolano nel sangue materno a partire dalla quinta settimana di gestazione. Si esegue con un normale prelievo di sangue materno nel primo trimestre, in genere dalla decima settimana, e non comporta rischi né per la madre né per il bebè.

Non solo sindrome di Down

Serve a individuare le più frequenti anomalie cromosomiche del feto (in assenza di genitori a rischio): la trisomia del cromosoma 21, che comporta la sindrome di Down, quella 18, quella del 13 e quelle dei cromosomi sessuali. Non è un test diagnostico, ma di screening, cioè di valutazione del rischio: individua le donne con un un’alta probabilità di avere un bimbo con quelle patologie. La ricerca più ampia svolta sino a oggi per confermare l’efficacia di queste metodiche è stata condotta sul G-test, un test totalmente made in Italy, che ha dimostrato un’elevata accuratezza in più di 146.000 esami, sia nelle gravidanze a rischio, sia in quelle non a rischio. Lo stesso test è stato riprodotto per più di un milione di persone.

Conferme con gli esami diagnostici

Oggi, grazie agli studi condotti dalla Bioscience Genomics, spin off dell’Università di Roma Tor Vergata, è possibile con il G-test fare lo screening per svariate anomalie genetiche legate prevalentemente a patologie rare. Nel caso in cui dia un risultato positivo, il protocollo prevede che l’esame sia confermato da un test invasivo come amniocentesi o villocentesi

 

 

 
 
 

da sapere!

Un risultato positivo del test non indica una diagnosi, va confermato con un esame diagnostico con prelievo invasivo. Un risultato negativo non dà la certezza di assenza della patologia.

 

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