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Uno studio svizzero mette in forte discussione un farmaco usato per la cura dell’ epilessia e di altre patologie: se usato in gravidanza, aumenterebbe, infatti, il pericolo che il piccolo nasca con problemi, soprattutto a carico del sistema nervoso centrale.
Non solo per l’epilessia
Il farmaco è usato per il trattamento dell’epilessia, dell’ansia, del dolore neuropatico, della fibromialgia e di altri disturbi. L’antiepilettico è stato messo sotto accusa da uno studio condotto dallo “Swiss teratogen information service” dell’Ospedale universitario vodese, poiché provocherebbe danni al bambino durante la gestazione. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista scientifica Neurology, sono preoccupanti dato che il farmaco aumenterebbe di molto il rischio che il bambino nasca con patologie a carico del sistema nervoso centrale.
L’analisi sulle donne in gravidanza
I ricercatori hanno preso in esame 164 donne che avevano assunto il farmaco antiepilettico durante la gravidanza, assieme ad altre 656 che non avevano preso il farmaco. Le future mamme erano provenienti da sette Paesi diversi. I motivi per cui le donne prendevano il medicinale erano diversi: 115 lo facevano per lenire il dolore neuropatico, 30 per problemi psichiatrici, come ansia, disturbo bipolare e psicosi, 5 per l’epilessia e una per la sindrome delle gambe senza riposo.
Rischi triplicati
I risultati hanno messo in luce la pericolosità del farmaco. Infatti, nelle donne che avevano assunto il farmaco antiepilettico nei primi tre mesi di gravidanza, il rischio di mettere al mondo un bambino con patologie alla nascita era triplicato. Nello specifico, queste mamme hanno avuto sei volte più probabilità di dare alla luce un figlio con un grave difetto del sistema nervoso centrale, rispetto alle donne che non avevano assunto il farmaco.
Servono ulteriori studi
“Non possiamo trarre conclusioni definitive da questo studio, dal momento che molte delle donne stavano prendendo altri farmaci che potrebbero aver giocato un ruolo nei difetti di nascita. Inoltre, si tratta di uno studio piccolo e i risultati devono essere confermati con ricerche più ampie – ha commentato -Ursula Winterfeld, autrice dello studio -. Questi risultati indicano, però, che ci può essere un aumento del rischio di difetti maggiori alla nascita”.