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Se ridurre l’esposizione ai fattori potenzialmente nocivi per la salute è sempre importante, diventa essenziale durante la gravidanza. Uno di questi “nemici” è rappresentato sicuramente dalle radiazioni. Non sempre, però, è possibile evitarle. Che cosa fare, per esempio, se la futura mamma cade e deve sottoporsi a una Tac oppure deve eseguire una mammografia per sospetta malattia al seno? Molti pensano che si debba necessariamente aspettare la nascita del bambino. Invece non sempre è così.
Più rischi a inizio gestazione
Attorno alle radiazioni in gravidanza esiste molta confusione. È vero che si tratta di agenti potenzialmente dannosi, ma occorre sapere che i rischi sono proporzionati a una serie di variabili. Innanzitutto, molto varia in relazione all’epoca della gestazione. I pericoli sono maggiori nelle primissime settimane. In particolare, per l’International commission on radiological protection (ICRP), nei primi 15 giorni dal concepimento è possibile andare incontro a un aborto. Per tutto la fase dello sviluppo in cui si formano gli organi (fino alle 12 settimane circa), invece, possono comparire malformazioni.
Nessun pericolo con dosi basse
Anche la dose di radiazioni gioca un ruolo essenziale. “Gli effetti nocivi si verificano solo per dosi che sono molto più elevate (da 10 a 100 volte) di quelle che un embrione o un feto possono ricevere per gli esami radiologici o medico nucleari eseguiti a scopo diagnostico” ha spiegato Lorenzo Bianchi, coordinatore regionale Lombardia dell’Associazione italiana di fisica medica. E, infatti, l’ICRP sostiene che l’interruzione volontaria di gravidanza per dosi fino a 10 volte maggiori di quelle assorbite con un esame normale non ha senso. Per questo, gli esperti dell’Aifm raccomandano sempre alle donne incinta di valutare con il medico il rapporto rischi/benefici, prima di rinunciare a un esame che comporta l’uso di radiazioni.