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Il parto può trasformarsi in un’esperienza da dimenticare o in un trauma che segna profondamente la vita di una donna. Colpa della cosiddetta violenza ostetrica: trattamenti irrispettosi, procedure mediche imposte senza adeguate informazioni o che non rispettano i desideri della partoriente, abusi, mancanza di sensibilità. Un problema riconosciuto anche dall’Organizzazione mondiale della sanità e presente anche in Italia: è quanto emerge da uno studio delle associazioni CiaoLapo Onlus e La Goccia Magica e dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica (OVOItalia). Le cifre che emergono da un’indagine Doxa condotta in Italia nel 2016 rivelano che il 21,2% delle donne ha ammesso di considerarsi vittima di violenza ostetrica, il 33% ha dichiarato che considerare inadeguata l’assistenza ricevuta durante il parto, il 34,5% ha denunciato seri problemi di privacy o di fiducia nel personale sanitario.
Molte rinunciano al secondo figlio
Le conseguenze? Il 14,5% non è tornata nella struttura dove ha effettuato il primo parto per la seconda gravidanza, il 5,9% ha addirittura accantonato l’idea di un secondo figlio a causa della pessima esperienza vissuta. Stando alla ricerca, si stima che ci siano circa 1 milione di mamme italiane che avrebbero vissuto un’esperienza di violenza ostetrica durante il parto o il travaglio, momenti delicati e complessi in cui l’assistenza medico-sanitaria ha un ruolo fondamentale per il benessere sia della neomamma sia del nascituro.
Maglia nera al Centro-Sud
È al Sud e al Centro Italia che si concentrano la maggior parte dei disservizi. Le probabilità di subire maltrattamenti o di vivere una esperienza traumatica è molto bassa nei casi in cui alle donne viene chiesto il consenso prima di intraprendere una procedura, mentre schizza alle stelle in caso di cesarei e altre procedure di emergenza, in cui manca una comunicazione franca e aperta tra medico e partorienti. I fattori che più contribuiscono alla percezione del parto come violenza ostetrica sono: partorire sdraiate sulla schiena con le gambe sulle staffe, l’imposizione di pratiche mediche senza la richiesta di consenso (in particolare l’episiotomia) e la mancanza di un’efficace anestesia durante il cesareo.