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Un nuovo studio condotto dalla Washington University School of Medicine di St. Louis (Stati Uniti) fa luce su uno dei quesiti più frequenti tra le future mamme: quando iniziare a spingere durante il parto? Secondo gli autori dell’indagine, cominciare con anticipo rispetto ai consigli del ginecologo non aumenta i rischi di ricorrere al taglio cesareo. Al contrario, diminuisce del 40% i rischi di emorragia e del 30% i pericoli di infezioni successive.
L’esperimento su 2.400 partorienti
Realizzata su 2.400 mamme al primo parto, l’indagine ha diviso le volontarie in due gruppi: il primo è stato invitato a spingere al momento della dilatazione completa della cervice uterina – come è naturale quando le donne non ricevono l’anestesia locale – l’altro un’ora dopo. Le partorienti che hanno spinto prima non hanno evidenziato alcun rischio di aumento di taglio cesareo, al contrario sono risultate più protette dai pericoli di emorragie e infezioni.
Ridurli al necessario
Lo studio si inserisce in un filone di ricerche atte a trovare soluzioni e strategie per ridurre il ricorso a cesarei non necessari. Negli Stati Uniti, come in Italia, l’utilizzo di questa procedura è ancora troppo elevato, superando la soglia raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità, che raccomanda di non eseguire più di un parto con taglio cesareo su 7 (15%).
Italia maglia nera
Oggi nel nostro Paese il 34% circa dei parti avviene con taglio cesareo. Sono dati in miglioramento rispetto agli anni precedenti, grazie alla corretta informazione delle donne negli ospedali, nei servizi territoriali e nei consultori familiari. Tuttavia, il ricorso resta ancora troppo elevato: i motivi sono diversi, in primis l’aumento dell’età media della mamma, con connesso aumento di malattie come endometriosi e fibromi uterini, ma anche problemi di fertilità, che spesso impongono il ricorso alla procreazione medico assistita, che aumenta la propensione a un cesareo programmato.