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Morire di parto: dopo i recenti casi di cronaca, la paura delle donne nei confronti dell’evento più naturale al mondo cresce, anche alla luce del fatto che, secondo i primi risultati delle indagini compiute dal ministero della Salute, ci sarebbero state criticità in 3 dei 4 ospedali dove si sono verificate le tragedie.
10 casi ogni 100.000 parti
Gli esperti rassicurano, sottolineando che nel nostro Paese i numeri relativi alle morti di parto non sono in aumento: si registrano 10 casi ogni 100mila. Un numero umanamente inaccettabile, ma scientificamente considerato “medio-basso” e in linea con la media dei Paesi sviluppati. Secondo il Sistema di sorveglianza mortalità materna dell’Istituto superiore di sanità, in Italia ogni anno circa 50 donne muoiono di parto, un numero che rende il nostro Paese uno dei più sicuri in cui partorire.
Il rischio zero non esiste
Azzerare il rischio di morire di parto è impossibile, ma anche attraverso una corretta informazione e preparazione alla gravidanza si possono tenere sotto controllo alcuni fattori di rischio e migliorare la gestione delle situazioni critiche, aumentando le probabilità che tutto vada per il meglio.
Il ruolo dell’ostetrica
La prima regola è farsi seguire durante tutta la gravidanza da un’ostetrica, privatamente o presso consultori o ambulatori pubblici: è possibile riportare nella norma molte condizioni che invece, lasciate senza intervento, diventano fattori di rischio per parti complessi. Per esempio diabete gestazionale, ipertensione materna o problemi cardiovascolari.
La scelta della struttura
Fondamentale anche la scelta della clinica dove partorire: ginecologo, ostetrica e neonatologo concordano sulla necessità di puntare a un ospedale dove avvengono almeno mille parti all’anno. Si tratta di strutture con esperienza, personale e mezzi per gestire tutte le emergenze che si potrebbero presentare. Nei grandi centri tutti i momenti del travaglio e del parto vengono affrontati seguendo protocolli specifici a tutela di mamma e bambino. Un elemento di cui tenere conto è il numero di ostetriche presenti: idealmente ciascuna dovrebbe potersi occupare di una donna per volta. Un’assistenza “uno a uno” si è dimostrata in grado di ridurre i parti operativi e i cesarei ma anche il ricorso alla partoanalgesia, che è pur sempre un intervento farmacologico e può provocare effetti collaterali: se l’ostetrica accompagna la mamma con metodi efficaci per ridurre il dolore, i farmaci possono non essere necessari.