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È l’ultimo periodo del parto, quello in cui il bebè sta per nascere. La fase espulsiva è probabilmente la più faticosa, perché la donna – ormai stanchissima – deve spingere per favorire l’espulsione del piccolo. Tuttavia, è relativamente breve.
Inizia a dilatazione completa
Se il travaglio può durare anche molte ore, solitamente la fase espulsiva non supera i 60 minuti. Inizia a dilatazione completa del collo uterino, ossia 9-10 centimetri. La donna sente un’esigenza impellente di spingere e non riesce a trattenersi. È bene, però, che segua le istruzioni dell’ostetrica, così da evitare lacerazioni dei tessuti e favorire il parto. Arrivate a questo punto, è normale che molte mamme si sentano stremate e abbiano la sensazione di non farcela più. Eppure, tutte trovano la forza per compiere l’ultimo passo che le separa dal momento in cui il piccolo viene alla luce.
Da pochi minuti a un’ora
Solitamente, nelle primipare – le donne al primo parto – la fase espulsiva dura da mezz’ora a un’ora. Solo in alcuni casi i tempi si dilatano, ma comunque non si va quasi mai oltre le due ore. Nelle donne che hanno già avuto altri figli, invece, tutto può essere molto più rapido: alcune mamme partoriscono anche con poche spinte. In questa fase, attraverso le contrazioni e le spinte, la testa del bebè si infila nel collo dell’utero. Il piccolo, inoltre, compie la rotazione interna, in modo da posizionarsi con la testa in corrispondenza dell’osso pubico, con dorso e nuca rivolti in avanti.
È il momento dell’episiotomia
Spesso, durante la fase espulsiva, per facilitare la fuoriuscita del bambino ed evitare che il tessuto perineale materno si laceri eccessivamente, può essere necessario ricorrere all’episiotomia: l’incisione che si esegue in corrispondenza del perineo (l’area compresa fra vagina e ano).