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Un’équipe di ricercatori della Clinica ginecologica dell’ospedale universitario di Berna, di cui fanno parte anche specialisti italiani, ha scoperto che la molecola che viene prodotta dall’ovocita allo scopo di agevolare, dopo la fecondazione, l’annidamento dell’embrione nella parete uterina può impedire il parto pretermine. Si tratta di un passo avanti di grande rilevanza perché nascere prima del tempo può esporre il bambino a vari problemi psico-fisici legati al suo incompleto sviluppo e al suo peso modesto.
Si può produrre in laboratorio
La molecola in questione è chiamata con l’acronimo PIF, dall’inglese “pre implantation factor (fattore pre-impianto) e può essere prodotta in laboratorio. Per il momento è stata somministrata alle cavie e i risultati ottenuti sono stati definiti da Martin Muller, responsabile dello studio, “molto promettenti”. Così promettenti da incoraggiare i ricercatori a proseguire sulla strada intrapresa, il cui traguardo è potere un giorno somministrare il PIF alle donne in gravidanza a rischio di parto pretermine al fine di evitarlo e consentire alla gestazione di proseguire fino alla sua naturale scadenza (o almeno fino alla 37a settimana).
Tante cause all’origine
Si parla di parto pretermine quando la nascita avviene prima della 37a settimana di gravidanza. Le possibili cause sono numerose e comprendono il fumo di sigaretta, le malformazioni dell’utero, le infezioni vaginali e, più in generale, uno stile di vita scorretto. Il rischio si pone anche per le donne con importanti problemi psicologici o che vivono in condizione di grave disagio socio-economico.