Il parto naturale è il modo più comune di partorire e quello che, salvo specifiche controindicazioni dovute a complicanze che potrebbero mettere a rischio la salute della mamma o del bambino, è maggiormente praticato anche negli ospedali. Avviene per via vaginale, spontaneamente e senza troppi interventi medici e farmacologici: quindi senza l’ausilio dell’analgesia epidurale, di infusioni di ossitocina sintetica né della pratica dell’episiotomia.
Quando avviene per via naturale, il parto rappresenta la prima esperienza condivisa tra mamma e bambino. Un evento faticoso e in una certa misura traumatico per entrambi, che tuttavia ne rafforza il legame continuando quello già stabilitosi durante i nove mesi di attesa. In più questo momento innesca una serie di processi fisiologici che hanno un effetto benefico a lungo termine sulla salute di entrambi.
Uno dei principali benefici del parto naturale è quello di arricchire il sistema immunitario del neonato e renderlo più resistente alle infezioni. Infatti, quando il bambino attraversa il dotto vaginale della mamma, entra in contatto con i milioni di microrganismi che vi sono naturalmente presenti e che colonizzano il suo corpo, formando il primo microbiota e gettando le basi per lo sviluppo di un sistema di difesa efficiente negli anni successivi.
Per favorire questo processo, nel corso della gravidanza le comunità microbiche della vagina e del colon presenti nel corpo materno cambiano e creano un ambiente più adatto e una migliore collezione di batteri “buoni” da fornire al neonato al momento del parto.
Il motivo per cui questi primi germi con cui il piccolo entra a contatto non risultano dannosi è che gli anticorpi (IgG) della madre attraversano facilmente la placenta, rendendogli familiari questi microbi già prima della nascita e attrezzando il suo organismo a incontrarli.
Quando un bambino nasce con il parto cesareo o per una qualche ragione viene allontanato dal corpo della madre immediatamente dopo la nascita, i primi microbi con cui viene a contatto non sono i batteri della vagina e del colon materni bensì quelli ambientali. Questo porta a una diversa attivazione del sistema immunitario del neonato e a una differente composizione del microbiota, che impiega più tempo a stabilizzarsi rispetto a quello dei piccoli nati per via naturale.
Le differenze microbiche fra i neonati partoriti in modo naturale e quelli nati con il parto cesareo possono in parte essere corrette nel tempo, prima attraverso l’allattamento al seno e poi con uno svezzamento corretto.
Di norma, infatti, durante le prime fasi di crescita il microbiota dei piccoli si arricchisce e si diversifica, fino a divenire simile a quello degli adulti, intorno ai 3 anni. Tuttavia alcuni studi indicano che tra i nati in modo naturale e quelli venuti al mondo con taglio cesareo, una certa diversità permane fino a 7 anni di età. Probabilmente è per questo che i bambini nati con cesareo sono più esposti al rischio di varie malattie di origine immunologica (come per esempio, asma, diabete di tipo 1, allergie e obesità) sia durante l’infanzia sia in seguito.
A interferire con la corretta formazione del sistema immunitario del neonato ci sono anche gli antibiotici assunti dalla madre in gravidanza, durante il parto o in allattamento, che alterano la composizione del suo microbiota e quello del bambino.
Se il ricorso a questi farmaci è inevitabile, per prevenire o limitare questi effetti collaterali, si consiglia alla madre di assumere anche probiotici, cioè batteri “buoni”, in grado di ripopolare l’intestino e riportarlo in equilibrio (eubiosi), e prebiotici, cioè sostanze che nutrono la flora batterica intestinale, favorendone la benefica proliferazione.
Più attenzione in ospedale
In alcuni ospedali si stanno studiando alcuni metodi per ovviare agli svantaggi del mancato contatto del neonato con i microbi del dotto vaginale durante il parto cesareo o compensare le alterazioni causate dagli antibiotici assunti attraverso il sangue materno durante la vita intrauterina. Una tecnica usata è quella di somministrare al neonato i microrganismi materni subito dopo il cesareo (per esempio avvolgendolo in una garza inserita in precedenza nella vagina materna per impregnarla dei suoi fluidi), così da simulare la colonizzazione batterica di un parto naturale.
Gli effetti benefici del parto naturale sul sistema immunitario del bebè sono potenziati dall’allattamento al seno, che dovrebbe avvenire fin dai primi istanti di vita, quando il neonato manifesta l’istinto di cercare il capezzolo (rooting reflex). Ancora prima che si formi il vero e proprio latte, il piccolo può, infatti, succhiare il colostro, un liquido ricco di anticorpi in grado di colonizzare la sua flora intestinale introducendovi nuove comunità microbiche.
Anche nei mesi successivi il latte materno resta l’alimento ideale non solo per contribuire alla sana crescita del neonato, ma anche per favorire la maturazione del suo sistema immunitario. Infatti, oltre ad apportare nuovi batteri che arricchiscono la flora intestinale, contiene anche alcuni zuccheri ad azione prebiotica, che promuovono la crescita di specie utili, come i bifidobatteri. Questi ultimi contrastano lo sviluppo dei microrganismi patogeni e contribuiscono a regolare le risposte infiammatorie e immunitarie del piccolo, riducendo il rischio futuro di vari disturbi causati da agenti infettivi.
Per le mamme che non producono abbastanza latte, in commercio si trovano numerose soluzioni tra integratori a base di sostanze cosiddette galattogoghe, in grado di aumentarne la secrezione.
Se anche questi rimedi non sono sufficienti, esistono alcune alternative rispetto al comune latte formulato, che non possiede tutte le proprietà nutrizionali utili per la crescita del bebè né contiene gli anticorpi necessari al corretto sviluppo del suo sistema immunitario. Oltre a far ricorso – su consiglio del pediatra – a latti in polvere arricchiti con pre e probiotici che aiutano a preservare l’integrità della mucosa intestinale e del sistema endocrino, ci si può rivolgere anche alle Banche del Latte, che raccolgono il latte materno donato per i piccoli più bisognosi.
Oltre agli effetti diretti sul sistema immunitario del piccolo, il parto naturale e l’allattamento al seno comportano altri vantaggi per la salute psicofisica a lungo termine della mamma e del bambino.
“Imprinting” e attaccamento
Durante il parto naturale, la mamma è cosciente in ogni fase e questo consente di stabilire immediatamente un primo legame parentale con il piccolo, assecondare il reciproco desiderio di contatto pelle a pelle fin dai primi istanti dopo la nascita e trasmettere al neonato quel senso di calore e di sicurezza fondamentali per innescare il cosiddetto imprinting, cioè quell’istintivo legame fra mamma e neonato che è la base biologica del “bonding”, un meccanismo complesso di attaccamento affettivo che si instaura nei mesi successivi.
Da non sottovalutare neppure il picco irripetibile di scariche ormonali (soprattutto ossitocina, ma anche endorfine, prostaglandine, prolattina) che avviene durante il parto naturale: oltre a favorire le contrazioni uterine e l’espulsione della placenta, ha anche un effetto antidolorifico sulla mamma e un’azione rilassante sul bambino che gli regala una sensazione di benessere e rende meno stressante la nascita.
Il parto naturale permette al bambino di percepire il cambiamento fisico che avviene nel corpo della madre e di rispondere prontamente attivando il funzionamento di tutti gli organi vitali, incrementando la circolazione sanguigna e il metabolismo necessario alla produzione di energia. In particolare lo stimolo esercitato dalle spinte e dalle contrazioni della madre, provoca il rilascio di catecolamine, sostanze che permettono di dilatare i bronchioli del bambino, liberando le vie respiratorie dal liquido amniotico e agevolando la respirazione. Il tutto mentre il cordone ombelicale è ancora attaccato alla placenta, che continua a fornire al piccolo sangue ricco di ossigeno, cellule staminali, ferro e altre sostanze preziose, permettendogli di adattare gradualmente i suoi polmoni alla vita extrauterina.
Fonti / Bibliografia
- Anestesia epidurale: quando si usa e come si svolge? - ISSaluteL’anestesia epidurale, o peridurale, elimina la sensibilità al dolore di una zona del corpo attraverso un’iniezione nella schiena (spazio epidurale). Consente di controllare efficacemente il dolore nel travaglio e nel parto, nonché durante e dopo diversi tipi di interventi chirurgici, compreso il taglio cesareo
- Diabete di tipo 1 | Fondazione Umberto VeronesiChe cos'è il diabete di tipo 1, quali sono i sintomi, come si riconosce e come si cura