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Il cesareo in Italia è una pratica molto diffusa. Secondo uno studio effettuato in 31 Stati e guidato dalla City university London, il nostro Paese è al secondo posto nella classifica europea del numero di parti cesarei programmati.
Ben oltre le raccomandazioni dell’Oms
Il tasso italiano di diffusione, secondo i risultati dell’indagine, è quasi del 25%. In pratica, 4 bambini italiani su 10 nascono con cesareo. I numeri, che risultano in aumento, sono confermati dal nono Rapporto sull’evento nascita in Italia, relativo sempre al 2010: in media, il 37,5% dei parti avviene con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali. La soglia raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità è del 15%.
Battuti solo da Cipro
Sul podio europeo troviamo Cipro, con una percentuale che sfiora il 39%. Numeri troppo elevati, dicono gli autori, e troppo variabili. L’opportunità di ricorrere al cesareo dovrebbe essere decisa in base alle evidenze scientifiche, tuttavia l’ampia variabilità dimostra che non esiste una posizione medica condivisa su quali casi rendano inevitabile il riscorso a questa procedura.
Non solo colpa dei medici
Secondo gli autori, il cesareo in Italia è una pratica molto diffusa per la paura dei medici di incorrere in contenziosi legali, ma anche per le richieste delle future madri, che temono il dolore da parto o percepiscono questa procedura come più sicura rispetto al parto naturale. Lo conferma un’indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) in collaborazione con il Dipartimento di salute materno infantile dell’Oms: il cesareo in Italia è una pratica molto diffusa anche per le convinzioni delle future mamme, principalmente legate al timore del dolore, alla sofferenza per il bambino o a un senso di maggiore sicurezza. Apprezzata anche la possibilità di pianificare la data della nascita o tornare più rapidamente a una normale vita sessuale.
Sì alle procedure anti-dolore
Le contromisure? Più informazione alle donne sulla sicurezza in sala parto e sulle procedure per la gestione del dolore da travaglio e da parto, un esame comparativo delle politiche e delle linee guida nazionali, infine ulteriori ricerche per assicurare che la pratica clinica si basi su prove scientifiche. Interventi già proposti in passato, come il garantire l’accesso all’epidurale a tutte le donne, potrebbero contribuire a ridurre il numero di cesarei non giustificati da ragioni mediche.