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Si parla di parto distocico o di distocia in travaglio quando non si verificano tutte le condizioni che portano a un ottimale svolgimento del travaglio stesso. Di conseguenza, è necessaria un’assistenza più medicalizzata del parto per accertarsi che la nascita del bambino avvenga in modo sicuro, senza conseguenze per il neonato e per la mamma.
Parto distocico: cos’è?
Il termine parto distocico deriva dal greco dys, ossia “male” e tokos, vale a dire “nascita”. Si verifica quando la nascita non riesce a compiersi in modo fisiologico, ossia quando il bambino, sotto la spinta delle contrazioni materne, procede lungo il canale del parto e i suoi parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arteriosa, ossigenazione) restano ottimali. Nella distocia di travaglio, invece, si verificano alcune condizioni per cui è necessario l’intervento dell’ostetrica o del ginecologo, per portare a termine il parto.
La distocia si può verificare per due ragioni:
- quando il problema è legato all’incapacità dell’utero della donna di contrarsi in modo efficace, per favorire la progressione del bambino: si parla allora di distocia dinamica;
- se esiste una sproporzione feto-pelvica, ossia se il nascituro è troppo voluminoso rispetto alle strutture della madre (bacino, vulva, vagina, collo dell’utero): in questo caso si parla distocia meccanica.
La distocia dinamica
Le contrazioni irregolari o poco intense che sono responsabili della distocia dinamica possono verificarsi nelle donne in età avanzata, in quelle che hanno avuto già altri parti e nel caso in cui il travaglio si stia prolungando troppo. Se la donna, infatti, è spossata anche l’efficacia delle contrazioni può risentirne. Il travaglio subisce allora un rallentamento e il benessere del bambino può risentirne.
La distocia meccanica
In questo caso ci sono problemi legati alle dimensioni del bambino, oppure alla sua posizione in utero. Se, per esempio, il piccolo si presenta di spalla oppure con i piedi o con le natiche verso il canale del parto, ci possono essere problemi nel parto per via naturale. Non sempre queste condizioni riescono a essere previste durante gli ultimi periodi di gravidanza. Se, grazie all’ecografia, si riescono a individuare le condizioni che possono causare un parto distocico, si può intervenire con un cesareo programmato.
Come affrontare un parto distocico
A volte il travaglio presenta tutte le condizioni per indurre le ostetriche e il ginecologo a pensare che il parto avverrà in modo naturale, senza che sia necessario ricorrere al cesareo. In seguito possono verificarsi le condizioni che portano alla distocia di travaglio. In questo caso è importante intervenire per evitare che possano verificarsi conseguenze sul bambino. Per questa ragione, durante il travaglio stesso si utilizza uno speciale strumento, il tracciato cardiotocografico. È una sorta di cintura che si posiziona attorno all’addome della donna e registra la frequenza e regolarità delle contrazioni, il battito cardiaco del feto e altri parametri indicatori di benessere. Se il tracciato induce a pensare che il feto sia in sofferenza, è possibile intervenire in diversi modi.
I trattamenti di supporto
Per aiutare la partoriente è possibile effettuare l’amnioressi, ossia la rottura meccanica del sacco amniotico: il liquido contiene sostanze che favoriscono l’attività contrattile dell’utero. Oppure si possono somministrare prostaglandine per endovena, che stimolano le contrazioni.
Le manovre
In caso di contrazioni inefficaci, è possibile ricorrere a due manovre: di McRobert (che consiste nel piegare le gambe della donna con le ginocchia verso l’addome) e di Wood (in cui si introducono le dita nella vagina per favorire il corretto posizionamento del bambino). Esiste anche la manovra di Kristeller, in cui l’ostetrica preme con il braccio l’addome della madre per favorire la progressione del feto. Tuttavia questa è stata dichiarata pericolosa dall’Organizzazione Mondiale della sanità dal 2018.
Il parto operativo
Se nemmeno questi sistemi aiutano il travaglio a progredire in modo naturale, può essere necessario ricorrere al parto cesareo, che prevede una piccola incisione nella parte bassa dell’addome e quindi sull’utero, per far nascere il bambino. Un tempo era più frequente l’uso della ventosa, una sorta di coppetta che si introduce nel canale del parto e si applica alla testolina del bambino. Si crea quindi una lieve pressione interna che permette di estrarre il neonato. L’uso della ventosa, e ancora più del forcipe, viene però sconsigliato dall’Oms perché può avere serie conseguenze neurologiche per il bambino.
Quali sono le conseguenze di un parto distocico?
Un parto distocico non ben gestito può causare conseguenze serie soprattutto sul bambino. I danni riguardano soprattutto il sistema nervoso, che è la struttura più sensibile alla mancanza di ossigenazione. Se, infatti, il bambino resta troppo a lungo nel canale del parto, rischia di non ricevere a sufficienza ossigeno al cervello e si possono quindi verificare danni di vario tipo, da lievi a deficit cognitivi e motori più importanti. Sempre la stessa Oms, tuttavia, assicura che nella quali totalità dei casi, la presenza di un’adeguata assistenza alla distocia di travaglio riduce qualsiasi rischio di conseguenze.