Argomenti trattati
Ancora troppi tagli cesarei in Italia dove oltre un bambino su tre nasce con l’intervento chirurgico. Il primo figlio arriva non prima dei 31 anni e da mamme che solo per la metà dei casi sono lavoratrici.
Un primato non necessario
L’Italia, infatti, detiene il primato europeo per il numero di parti cesarei: 35,5% il tasso a livello nazionale contro il 15% auspicato dall’Oms e dalle altre direttive internazionali. Inoltre, con un occhio più localizzato a livello regionale, è la Campania che è in testa a tutte le altre regioni con il 59,9% di parti cesarei, mentre è la Toscana la regione più virtuosa con il 21%.
Spesso richiesto dalla madre
Agenas, l’agenzia delle Regioni, ha reso pubblico il Pne, il Piano nazionale esiti, che confronta i parti nelle varie regioni italiane: viene confermato l’abuso nelle strutture campane, segnalando anche il fatto che spesso sono le future madri a richiedere il parto cesareo ingiustificatamente. È diffusa l’errata convinzione che questo sia il modo più sicuro e sano di partorire. Ma non è così.
Meno soldi alle strutture meno virtuose
Per ovviare al problema, poiché non sono state sufficienti le indicazioni ai professionisti e alle cliniche convenzionate con la Regione, sono stati presi provvedimenti dalle amministrazioni locali. Alcune Regioni, come Lazio e Lombardia, daranno, infatti, meno contributi alle strutture sanitarie che sorpassano il limite consentito. Altre, come la Puglia e la Sicilia, contano di raggiungere l’obiettivo colpendo la nomina dei manager delle strutture ospedaliere: se i cesarei non scenderanno, ci sarà meno probabilità di rinnovo. Con queste misure, si spera che l’Italia possa avvicinarsi alla percentuale indicata dall’Oms.