Argomenti trattati
Il parto cesareo è un intervento finalizzato all’estrazione del bambino attraverso un’incisione chirurgica praticata nella parete addominale e nell’utero della mamma. Vi sono, infatti, circostanze nelle quali ricorrere al parto cesareo è l‘unico modo per garantire l’incolumità e la sicurezza della donna e del bambino. A seconda delle situazioni che si presentano, l’intervento può essere d’urgenza oppure programmato. Trattandosi di un’operazione chirurgica, il parto cesareo richiede necessariamente il ricorso all’anestesia: attualmente la più utilizzata è quella loco-regionale: spinale o epidurale. Scopo di questo tipo di anestesia è quello di bloccare la percezione del dolore dalla vita in giù, ma senza addormentare la donna che, in questo modo, ha la possibilità di “seguire” il momento del parto e di vedere il piccolo appena nato. Per effettuare l’epidurale, l’anestesista inserisce un piccolo catetere tra le vertebre, a livello lombare, e attraverso di esso inietta il farmaco anestetizzante (a un dosaggio inferiore, serve a lenire il dolore delle contrazioni nel parto naturale). Per la spinale, il metodo è lo stesso, ma l’ago viene inserito più in profondità. Se le condizioni della mamma non sono tali da permettere l’epidurale, oppure in situazioni di emergenza, viene effettuata l’anestesia generale, che determina l’addormentamento totale della donna.
Si procede in due modi
Oggi il taglio cesareo è eseguito con metodiche che lasciano cicatrici sempre più discrete. Ecco quali sono:
La tecnica di Pfannenstiel
Il chirurgo ginecologo pratica un’incisione orizzontale di circa 10 centimetri all’altezza della parte superiore del pube. Con il bisturi e con le forbici taglia gli strati della parete addominale, il peritoneo viscerale (cioè la membrana che ricopre l’utero e la vescica), poi scolla la vescica con le forbici e la sposta, quindi arriva all’utero ed estrae il bambino. La sutura dell’utero è fatta a strati: prima il chirurgo cuce la parete, poi il peritoneo riportando la vescica alla sua sede originale. Anche il tessuto addominale è chiuso a strati: la cute, infine, è suturata con punti in seta o metallici, da rimuovere dopo 5-7 giorni.
La tecnica di Stark
Questa incisione, più recente, è praticata sulla parete addominale, circa 2 centimetri al di sopra del pube, con il bisturi e poi manualmente allargando le pareti muscolari lungo le loro linee naturali. A questo punto, il chirurgo ginecologo estrae il bambino, poi richiude l’utero con alcuni punti. La sutura dell’addome è fatta solo a livello della fascia sovramuscolare, mentre non si chiudono né il peritoneo viscerale né i muscoli addominali, che sono lasciati cicatrizzare in modo naturale. Nella tecnica originale descritta da Stark, sulla cute sono applicati tre punti in seta, da rimuovere dopo qualche giorno. Questa tecnica consente di effettuare l’intervento in circa 30 minuti, contro i 45 previsti dalla metodica di Pfannenstiel. La novità sta nel fatto che si usano soprattutto le dita per scostare, divaricare e dilatare i tessuti, lasciando al bisturi un ruolo marginale. Anche i tempi di guarigione si accorciano e, rispetto alla tecnica tradizionale, diminuisce la quantità di sangue persa durante il parto.