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Di solito, i papà che entrano in sala parto, che ormai sono la quasi totalità, almeno al Nord, sono anche quelli che hanno partecipato più attivamente alle tappe fondamentali della gravidanza, accompagnando la compagna dal ginecologo, alle ecografie, ma anche facendosi coinvolgere emotivamente da questa esperienza, un tempo prettamente femminile.
In realtà, per favorire precocemente la paternità, è importante che la coppia inizi questa avventura, lunga nove mesi, insieme. Soprattutto per il papà è fondamentale sentirsi coinvolto, perché a differenza della donna, che trova subito dentro sé il modo di entrare in relazione con il proprio bambino, per l’uomo è molto più difficile e complicato. Ha bisogno di sentire che la compagna ha bisogno di lui: se però lei non riesce a coinvolgerlo, lui rischierà di sentirsi tagliato fuori e di vivere tutta la gravidanza come qualcosa di astratto, che per il momento non lo riguarda in modo attivo.
Per questo è importante che la donna, pur rispettando naturalmente i tempi del proprio compagno, cerchi di coinvolgerlo da subito. Rispetto alla propria compagna, infatti, l’uomo vive tutto in modo più filtrato: se per la donna è naturale avvertire da subito la propria gravidanza, anche perché sono spesso i sintomi e i cambiamenti del suo corpo a ricordarglielo (le nausee, la stanchezza, il seno che si ingrossa), per l’uomo non è altrettanto facile rendersi davvero conto che sta per diventare padre.
Per agevolare questo processo di accettazione del futuro ruolo di padre, puoi coinvolgere il papà nel fargli sentire i movimenti del bambino, nel secondo trimestre, puoi farti accarezzare la pancia e, se il papà lo desidera, lasciare che parli al piccolo nel pancione. Naturalmente, anche essere presente insieme alla compagna ad alcuni appuntamenti, come le visite periodiche dal ginecologo o dall’ostetrica, e le ecografia, aiutano l’uomo a entrare in sintonia con ciò che sta vivendo la compagna e a trasformarlo in un evento della coppia.
La partecipazione ai corsi preparto
Proprio per rispondere a questa reale esigenza dei padri di questa generazione di essere più presenti, ormai la maggior parte dei corsi preparto prevede momenti in cui non solo è gradita ma anzi incentivata la partecipazione dei papà. In alcune strutture, anzi, sono previsti addirittura dei veri e propri percorsi che accompagnano la coppia non solo nell’ultima fase della gravidanza, in vista del parto, ma durante buona parte della gravidanza, per aiutare entrambi i futuri genitori a vivere con serenità e consapevolezza il proprio percorso di maternità e paternità.
Anche ai corsi, i papà portano il loro contributo “maschile” ed è curioso notare come spesso siano interessati a ricevere tante informazioni di tipo razionale e “tecnico”. Quello che spesso chiedono alle ostetriche e ai ginecologi è come dovranno comportarsi quando inizierà il travaglio, come riconoscere le contrazioni vere da quelle false, che cosa fare se si rompono le acque, quando andare in ospedale e domande simili. Per questo, oltre a rispondere ai loro quesiti, in un percorso di accompagnamento verso la nascita è importante cercare di attivare in loro anche la componente femminile, cioè tutta la sfera emotiva.
Che cosa può fare lui
È un errore pensare che la presenza di un papà in sala parto sia qualcosa di facoltativo, che può esserci oppure no. Le ostetriche assicurano che c’è molta differenza, durante il travaglio e il parto, tra una donna accompagnata dal marito e una che non lo sia. Chi sente di avere vicino a sé il proprio uomo in questo momento così delicato ed emozionante si sente in genere maggiormente sostenuta.
Anche per gli operatori la presenza del papà è un aiuto prezioso, proprio perché svolge una funzione importantissima di contenimento emotivo e di sostegno. Quanto poi al modo in cui il futuro papà attua questo aiuto, esso dipende moltissimo dal tipo di struttura nella quale si è deciso di partorire.
Negli ospedali più sensibili all’importanza della presenza del papà in sala parto, il suo ruolo può anche essere molto attivo. Se il parto è fisiologico (ossia avviene per via naturale), il partner può stare accanto alla compagna tutto il tempo e a volte le ostetriche gli chiedono collaborazione, per esempio spiegandogli come aiutare la donna a respirare bene oppure facendogli vedere come massaggiarla sulla schiena per alleviare il dolore delle contrazioni. Se si crea questo rapporto di intimità e fiducia, può succedere anche che l’ostetrica lasci per qualche momento la coppia da sola, entrando solo di tanto in tanto nella sala per assicurarsi che tutto proceda bene.
Spesso poi, al momento della nascita, si chiede al papà di tagliare il cordone ombelicale: è il primo “taglio”, ma simbolicamente rappresenta il compito cui sarà chiamato il papà lungo tutta la vita. A lui, infatti, spetta il ruolo fondamentale di fare da moderatore nella relazione tra la mamma e il bambino, tagliando tutti i cordoni ombelicali che via via si presenteranno nella vita.
Una partecipazione così attiva da parte del papà non è possibile, naturalmente, quando il parto è più difficoltoso, sia per problemi legati alla gravidanza sia per una complicazione insorta inaspettatamente durante il travaglio. In questi casi, tuttavia, il sostegno del compagno, anche se non può “fare” niente di concreto, è ancora più importante per la donna rispetto al parto fisiologico, in quanto sente ancora di più il bisogno di essere confortata. Il suo aiuto si limiterà a stare vicino alla compagna, a stringerle la mano, ad accarezzarla o, se lo desidera, a parlarle.
In caso di cesareo
Solo in caso di cesareo il papà non può essere fisicamente presente al momento del parto: in molti ospedali, tuttavia, è possibile per lui seguire quello che sta succedendo attraverso una finestra a vetri dalla quale può assistere in diretta alla nascita del suo bambino. Si tratta di una precauzione di tipo medico, in quanto la sala operatoria è un ambiente sterile e vi può avere accesso solo il personale medico e ospedaliero. Sui giornali a volte si legge di papà che hanno assistito al cesareo, ma si tratta in genere di papà-medici. Non c’è però da sconfortarsi: al papà spetta il grande privilegio, dopo la nascita del piccolo, di poterlo stringere a lungo tra le braccia e dedicargli tante coccole.