Nella cosiddetta fase di transizione del travaglio (quella in cui le contrazioni si susseguono ogni 2-3 minuti e durano circa 60-90 secondi, con picchi molto intensi che durano per la maggior parte del tempo e che danno l’impressione di non cessare mai del tutto), l’ostetrica può assumere un ruolo prioritario. L’ideale, in realtà, è che la donna abbia già conosciuto l’ostetrica in occasione dei corsi preparto o durante le visite effettuate per familiarizzare con l’ospedale. La presenza del ginecologo, in questa fase, è indispensabile soltanto in caso di complicazioni. Ecco quali sono i principali compiti dell’ostetrica.
Misura la pressione arteriosa della futura mamma.
Verifica le condizioni del piccolo con il monitoraggio cardiotocografico e attraverso l’osservazione del colore del liquido amniotico (una colorazione bruno-verdastra può rappresentare un segno di sofferenza fetale).
Valuta la posizione del feto attraverso la palpazione esterna e, periodicamente, la durata e l’intensità delle contrazioni.
Esegue a intervalli regolari un’ispezione interna, per verificare come sta procedendo il travaglio.
Suggerisce alla donna le posizioni più adatte da assumere e si consulta con il ginecologo se il travaglio progredisce troppo lentamente, sull’opportunità di stimolare le contrazioni attraverso l’ossitocina o con la rottura artificiale delle membrane amniotiche (se questa non è già avvenuta in modo naturale).
Accompagna la futura mamma in sala parto alla fine del travaglio, per la fase espulsiva, che è quella che si conclude con la nascita del bambino.
Una volta nato il piccolo lo aiuta ad attaccarsi subito al seno.