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La moda dilaga, ma i neonatologi mettono in guardia: secondo la Società italiana di neonatologia (Sin) partorire seguendo il metodo Lotus birth comporta vantaggi solo ipotizzati e troppi rischi ed è quindi una pratica da non raccomandare.
Nasce in California
La Lotus birth o parto Lotus, chiamato così dal nome dell’infermiera californiana che lo richiese per la prima volta nel 1974 alla nascita di suo figlio, è caratterizzato dal mancato taglio del cordone ombelicale con la conseguenza che la placenta rimane attaccata al neonato anche dopo il secondamento. La Lotus birth prevede che la separazione del neonato dalla placenta avvenga naturalmente, generalmente tra i 3 e i 10 giorni di vita, quando il cordone si secca e si distacca spontaneamente dall’ombelico. In questo periodo la placenta, trasportata sempre con il neonato, viene conservata in un sacchetto o in una bacinella.
Pericolo infezioni
Le ragioni per cui la Società italiana di neonatologia esclude la possibilità di effettuare la Lotus birth in Italia sono diverse, sebbene negli ultimi mesi siano aumentate le richieste e alcuni ospedali già consentono questa pratica, mentre altri stanno valutando la possibilità di inserirla tra le modalità previste per partorire. I neonatologi spiegano che a oggi mancano evidenze scientifiche che ne dimostrino il reale vantaggio per mamma e bimbo, mentre non è infondato il pericolo di infezioni che potrebbero mettere a rischio la salute e anche la vita del piccolo: i vantaggi ipotizzati di un maggiore passaggio di sangue dalla placenta al neonato, per esempio, vengono meno dopo pochi minuti, quando il cordone smette di pulsare, mentre elevato può essere il rischio di infezione.