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Il momento del parto è una sintesi di attese e desideri, ma anche di paure e angosce. Conoscere in dettaglio quali sono le fasi del parto, riconoscere paure e tensioni che caratterizzano ogni momento può essere utile per affrontare con un maggiore serenità e consapevolezza il momento conclusivo della gravidanza. Le fasi del parto sono tre: dilatazione, espulsione e secondamento.
La dilatazione
È la prima delle tre fasi del parto ed è una fase che può durare da due fino a dodici ore, se si è al primo parto naturale. In questa fase arrivano le contrazioni: il collo dell’utero si ritrae e si dilata fino ad arrivare a un’apertura pari a 10 centimetri. All’inizio le contrazioni si presentano a distanza di 30 o al massimo 15 minuti l’una dall’altra. Si è, invece, in una fase avanzata se le contrazioni durano quasi un minuto (comunque intorno ai 40-50 secondi) e si presentano a distanza di 5-10 minuti. Anche se le contrazioni non si sono ancora presentate ma si rompono le acque è bene recarsi al più presto in ospedale: il rischio è che il bambino possa contrarre un’infezione. Se dopo tre ore dalla rottura delle acque la dilatazione non procede al ritmo di un centimetro all’ora, può essere somministrata l’ossitocina, ormone che stimola la dilatazione dell’utero attraverso le contrazioni.
L’espulsione
La dilatazione è ormai di 10 centimetri: il bambino comincia a scendere verso la zona pelvica. La sensazione fisica predominante è quella di un fortissimo istinto a spingere, ma è bene attenersi alle indicazioni dell’ostetrica per evitare lacerazioni spontanee al perineo. Vari sono gli elementi che possono aiutare la futura mamma in questo momento: poter assumere la posizione più comoda, ricevere spiegazioni in caso di dubbi, avere assistenza dal proprio compagno. Proprio un istante prima che il bambino nasca, il medico può eseguire l’episiotomia.
Il secondamento
Pochi minuti dopo il parto la neomamma può avvertire un’altra contrazione (meno intensa di quelle del travaglio): si tratta del secondamento, ovvero dell’espulsione delle membrane che formavano il sacco amniotico e della placenta. Anche in questo caso è difficile parlare di tempi: possono volerci pochi minuti come un po’ più di tempo (più o meno mezz’ora). Al termine del secondamento l’ostetrica esegue un accurato controllo della placenta per accertarsi che sia intera. Se, invece, qualche residuo di placenta è rimasto nell’utero, il ginecologo provvederà a rimuoverlo dopo avere praticato un’anestesia locale. Per legge, la neomamma deve restare sotto osservazione per due ore in una sala adiacente a quella del parto prima di poter essere riportata in reparto con il bebè.