Il percorso che porta alla nascita di un bambino può essere più o meno lungo e più o meno doloroso a seconda dei casi. Tuttavia, attraversa sempre una serie di fasi prestabilite: fra queste c’è anche la fase prodromica, che segna l’inizio del travaglio e che, in genere, è caratterizzata dalla presenza di contrazioni abbastanza regolari ma non ancora ravvicinate. Ecco nel dettaglio di che cosa si tratta.
La fase prodromica è la primissima fase del travaglio, ossia il momento finale della gravidanza, quello che culminerà con la nascita del bebè. Dal punto di vista medico, ha lo scopo proprio di annunciare l’inizio del travaglio. Si tratta di una fase importantissima, perché è quella in cui avvengono tutte le trasformazioni del collo dell’utero necessarie alla discesa del bambino, come il rammollimento, l’accorciamento e l’inizio della dilatazione. Il bambino potrebbe essersi già impegnato nel canale del parto nei giorni precedenti oppure potrebbe iniziare a farlo proprio in questa fase. Se si presenta in posizione podalica oppure di spalla potrebbe essere necessario il taglio cesareo.
Nella maggior parte dei casi, durante il periodo prodromico compaiono contrazioni abbastanza regolari e dolorose ma non ancora ravvicinate. Al contrario, possono esserci anche delle pause lunghe e spossanti. Si potrebbe verificare anche un abbondante svuotamento dell’intestino e in alcuni casi possono comparire anche nausea e vomito. In questa fase, talvolta si assiste alla perdita del tappo mucoso o alla rottura delle acque.
La durata della fase prodromica è molto variabile. In alcuni casi dura poche ore e in altri anche alcuni giorni: dipende dalle condizioni iniziali del collo dell’utero. In questa fase è importante “coccolarsi”: meglio non andare in ospedale se non strettamente necessario, perché in genere le donne vengono trasferite in sala parto solo quando raggiungono i quattro centimetri di dilatazione. Prima potrebbero essere costrette a stare a letto in un reparto di degenza. Se possibile, quindi, rimanere a casa e dedicarsi ad attività piacevoli, come leggere, riposare, stare insieme alle persone care, come suggerito dagli esperti. Sì anche a muoversi, per esempio camminare e fare le scale, perché il movimento facilita la discesa del bambino e spesso accelera i tempi. Sembra che anche accovacciarsi, sedersi su una palla da ginnastica e ondeggiare il bacino, stimolare i capezzoli, avere rapporti sessuali, eseguire determinati esercizi di respirazione, concedersi un bagno caldo siano tutte tecniche in grado di accelerare i prodromi.
Non c’è una durata massima oltre la quale preoccuparsi. Tutto è molto variabile. Ci sono donne che hanno i prodromi per giorni e poi riescono ad avere un parto naturale senza complicazioni. Altre, invece, che corrono rischi dopo poche ore. Dunque, non si può generalizzare. Come spiegato dalla Società italiana di ginecologica e ostetriciaè sempre l’équipe medica che deve valutare la situazione e decidere se occorre intervenire, per esempio con un’induzione di parto.
Durante la fase prodromica possono emergere alcune malattie o insorgere delle complicanze, come:
- forte diarrea
- febbre;
- disidratazione;
- distocia di spalla;
- travaglio pretermine;
- embolia di liquido amniotico;
- sproporzione fetopelvica;
- prolasso del cordone ombelicale;
- eclampsia
- rottura dell’utero.
In questi casi possono esserci diversi campanelli di allarme come rialzo della temperatura, rallentamento del battito del bebè, sbalzi della pressione sanguigna, mancamento, confusione, cefalea, alterazioni della vista. Le cure variano a seconda dei casi e possono includere cure farmacologiche, interventi chirurgici e trattamenti di altro tipo.