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Con il disegno di legge Lorenzin le procedure di controllo nel dolore nella fase travaglio-parto sono state inserite nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), prestazioni che il Ssn (Servizio sanitario nazionale) garantisce gratuitamente o tramite pagamento di ticket a tutti i cittadini. Tuttavia, per le future mamme italiane la partoanalgesia, ovvero il parto senza dolore tramite epidurale, non sarà così facile. Il problema principale è l’esiguo numero di anestesisti, l’unica figura professionale autorizzata a incaricarsi della procedura.
Mancano gli anestesisti
Come afferma l’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani emergenza area critica (Aaroi-Emac) in una lettera al ministro della Salute Lorenzin “l’inserimento nel ddl Lorenzin del parto senza dolore nei Lea è sicuramente una buona notizia, ma per il momento rimane l’ennesimo testo scritto sulla carta senza alcuna possibilità di diventare realtà”. Secondo l’Associazione, infatti, il fabbisogno di anestesisti sufficiente a coprire i parti senza dolore in tutta sicurezza sarebbe di 3.000 professionisti. Se quindi la partoanalgesia verrà considerata nei Lea, come spiega Vergallo, Presidente Aaroi-Emac, “la procedura dovrà essere garantita gratuitamente negli ospedali che ne hanno i requisiti, che andranno individuati e inseriti in un apposito elenco; gli altri ospedali, quelli fuori elenco, potranno continuare a non praticarla, anche se la partoriente ha la possibilità di richiederla pagando la prestazione in libera professione”.
Le soluzioni “tampone”
In genere, gli ospedali più grandi forniscono l’epidurale h24, con un turn over di sei anestesisti, sufficienti a coprire i parti senza dolore, che rappresentano il 30% del totale. Gli ospedali che non possono garantire l’epidurale si ingegnano con soluzioni non proprio ortodosse, ricorrendo alla “pronta disponibilità” del personale, ovvero chiamando l’anestesista di turno (nonostante la richiesta debba avvenire solo nei casi di emergenza), oppure affidandosi all’anestesista di guardia in Rianimazione. Queste modalità, tuttavia, sono molte rischiose, soprattutto per le pazienti, ma anche per l’anestesista stesso, che assume sulle sue spalle tutta la responsabilità. L’anestesista, infatti, dovrebbe monitorare anche l’ora successiva al suo intervento, per verificare i parametri vitali della donna ed eventualmente intervenire, affinché non ci siano cali o variazioni di pressione(), in grado di compromettere la salute del neonato. Inoltre, in mancanza di un neonatologo, è sempre l’anestesista che deve intervenire nel caso in cui ci sia un’emergenza.