La proposta legislativa, che era ferma in Parlamento dal 2006, prevede che tutte le donne che ne fanno richiesta abbiano la possibilità di partorire senza dolore, gratuitamente, 24 ore su 24. La norma dovrebbe consentire al nostro Paese di allinearsi alla media europea di parti eseguiti con analgesia, che attualmente si attesta intorno al 50-60%. Quella italiana, invece, non supera il 10-15%, con differenze notevoli da regione a regione. Ma ci vorrà un po’ di tempo perché il cambiamento diventi effettivo: l’attuazione del decreto impone un’importante riorganizzazione a livello nazionale dei percorsi di assistenza al parto, che richiederà alcuni anni.
Che cos’è l’epidurale
L’epidurale è una tecnica analgesica: ossia, allevia il dolore e lo rende più sopportabile. Consiste nella somministrazione di farmaci anestetici e analgesici a bassi dosaggi, tramite un’iniezione nello spazio epidurale (o peridurale), una zona della colonna vertebrale dove passano le radici nervose che arrivano fino all’utero. Il risultato è un rapido e progressivo calo della sensazione dolorosa nella parte inferiore del corpo (dall’ombelico in giù) e un senso di intorpidimento alle gambe, che scompare poche ore dopo il parto. Le contrazioni si fanno sempre meno intense, fino a essere avvertite soltanto come una sensazione di “indurimento” della pancia. Tutte le altre sensibilità non vengono alterate e la donna rimane sempre vigile e cosciente.
Tanti benefici per mamma e bebè
I farmaci iniettati vanno a bloccare solo le fibre sensitive, responsabili del dolore. Le fibre motorie e quelle propriocettive, che servono a “spingere”, non vengono alterate. Riuscendo a sopportare meglio il dolore, la futura mamma appare più partecipe e collaborativa e ciò accelera i tempi della dilatazione. L’epidurale riduce l’iperventilazione materna (l’aumento della frequenza respiratoria), abbassa i livelli di catecolamine (ormoni rilasciati in situazioni di stress) e diminuisce il consumo di ossigeno. La madre arriva al momento delle spinte più rilassata e concentrata, favorendo una nascita più rapida e meno traumatica per il bambino. Non c’è neppure un aumentato rischio di taglio cesareo. Anche l’indice di Apgar, un dato numerico che indica l’efficienza delle funzioni vitali del bebè e viene ricavato da alcuni controlli effettuati subito dopo il parto, non subisce alterazioni.
Pochi rischi
L’epidurale è una tecnica sicura ed efficace, se eseguita da personale qualificato e in centri adeguatamente attrezzati. Le reazioni negative gravi sono molto rare e per lo più imputabili a errori medici o manovre sbagliate. I rischi connessi alla procedura sono minimi: l’iniezione viene eseguita in un’area superficiale della schiena e non oltrepassa le meningi, perciò non comporta la fuoriuscita di liquor cefalorachidiano (il fluido contenuto nella membrana che avvolge l’encefalo e il midollo spinale). Tuttavia, sono ancora tante le barriere psicologiche che impediscono alle donne di richiederla: paure, pregiudizi, mancanza di informazioni adeguate. Un certo scetticismo permane anche tra le ostetriche e i neonatologi che non conoscono le moderne tecniche di analgesia. Fino a 15 anni fa, infatti, l’epidurale era associata al rischio di un rallentamento della seconda parte del parto, con conseguente maggiore incidenza di parti operativi. Ma questa eventualità oggi è venuta meno, grazie all’evoluzione delle metodiche impiegate. Alcune scuole di pensiero psicologiche, etiche o religiose, infine, ostacolano la diffusione della tecnica sostenendo che il dolore da parto sia una “prova di vita” da accettare e accogliere, senza tentare di contrastarlo.
Solo a travaglio avviato
Quando le contrazioni sono regolari e la dilatazione cervicale ha raggiunto i 2-3 cm, la donna è pronta per ricevere l’epidurale. La procedura richiede circa 10 minuti e non è dolorosa. La partoriente deve mettersi su un fianco o piegarsi con il busto in avanti. L’anestesista inserisce nella parte bassa della schiena un catetere, attraverso il quale vengono somministrati i farmaci. Questi agiscono nel giro di 15-20 minuti e hanno una durata variabile (anche di diverse ore). Dopo l’iniezione, la donna può alzarsi e camminare: il movimento è, anzi, consigliato per ridurre l’effetto di blocco motorio e irrigidimento conferito dai farmaci. L’epidurale è compatibile con qualsiasi posizione si voglia assumere. Dopo il parto, non è necessario stare a riposo a letto. Anche l’allattamento può essere intrapreso subito. La donna può accusare piccoli disturbi, come una sensazione di calore e formicolio alle gambe, un lieve calo della pressione arteriosa, prurito o mal di testa. Tutti scompaiono spontaneamente in breve tempo. E il mal di schiena? Non è un effetto dell’epidurale, come diversi studi hanno sottolineato, ma di altri fattori: per esempio una posizione scorretta assunta durante il travaglio.
Importante essere preparate
Per informarsi sull’epidurale, la mamma può decidere di frequentare uno dei corsi di preparazione al parto organizzati dagli ospedali, durante i quali viene illustrata la tecnica e vengono messe al corrente le partorienti sui rischi e le possibili reazioni avverse. È anche necessario sottoporsi a una visita anestesiologica (a partire dal sesto mese), e ad alcune analisi, da effettuare dall’ottavo mese in poi. Gli accertamenti servono a escludere eventuali controindicazioni o situazioni rischiose.
Quando non può essere fatta
L’epidurale, infatti, non può essere praticata in presenza di: disturbi della coagulazione, alterazione della quantità di piastrine nel sangue, malattie del sistema nervoso centrale, distrofia muscolare o sclerosi multipla. Eventuali fattori di rischio sono difetti importanti della colonna vertebrale, assunzione di farmaci anticoagulanti e infezioni in corso. È richiesta la firma di un modulo di consenso informato, che testimonia che la mamma è a conoscenza di tutte le informazioni. Il documento, da consegnare all’ostetrica il giorno del ricovero in ospedale, non vincola in nessun modo la decisione della gestante al momento del parto. Nei casi in cui, invece, l’epidurale viene richiesta senza che sia stata eseguita la visita con l’anestesista, è il medico a decidere se assecondare o meno la richiesta, dopo un’attenta valutazione della situazione clinica della mamma.