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Non è solo una spiacevole compagnia, che rischia di affaticare ulteriormente la futura mamma durante i nove mesi dell’attesa. L’insonnia in gravidanza può essere anche pericolosa: potrebbe aumentare, infatti, il rischio di parto pretermine. La conferma arriva da uno studio condotto da un’équipe di ricercatori dell’University of California San Francisco, pubblicato sulla rivista Obstetrics& Gynecology.
Lo studio su oltre 2.000 donne
La ricerca è stata condotta su 2.265 in gravidanza. Alcune di loro avevano ricevuto una diagnosi di disturbi del sonno, mentre altre non soffrivano di insonnia né di apnee notturne o altre problematiche simili, ma presentavano altri fattori di rischio per il parto pretermine, come l’ipertensione, altre gravidanze concluse in anticipo, il fumo di sigaretta. Gli autori hanno invitato tutte le partecipanti a rispondere a una serie di questionari sulle proprie condizioni di salute e abitudini di vita. Inoltre, le hanno monitorate fino alla fine della gravidanza. Lo scopo era capire meglio le eventuali correlazioni esistenti fra parto pretermine e disturbi del sonno.
Più pericoli se si dorme male
Analizzando i dati raccolti, gli esperti hanno scoperto che le donne che avevano ricevuto una diagnosi di disturbi del sonno avevano gravidanze meno lunghe rispetto alle altre. In particolare, nelle donne afflitte da insonnia, apnee notturne o altre problematiche del sonno, i parti prematuri erano il 14,6% del totale, mentre nelle donne senza questi problemi, la percentuale scendeva al 10,9%. Non solo. Le donne con apnee del sonno presentavano una probabilità di parto gravemente pretermine, ossia sotto la 34a settimana, più che doppia rispetto alle altre e quelle con insonnia una probabilità quasi doppia.
I disturbi del sonno non vanno trascurati
Gli studiosi hanno concluso che se insonnia, apnee notturne e altre problematiche del sonno non vanno mai trascurate, a maggior ragione vanno tenute in considerazione in gravidanza. Peccato che questo non accada quasi mai: basta pensare che nella casistica considerata solo all’1% delle future mamme era stato diagnosticato un problema di questo tipo.