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La gonorrea è un’infezione pericolosa se contratta in gravidanza. Causata da un batterio, il Neisseria gonorrhoeae, si contrae per via sessuale (tramite rapporti sia etero sia omosessuali) e, complici l’inizio dell’attività sessuale sempre più precoce e la poca informazione, risulta in aumento soprattutto tra i giovanissimi.
In aumento da due anni
È ciò che emerge dal Rapporto epidemiologico annuale del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc). L’aumento è iniziato nel 2014, con un 25% in più rispetto al 2013 e oltre 66.400 casi, ovvero 20 episodi ogni 100mila abitanti nell’Unione europea. Nel 38% dei casi colpisce giovani dai 15 ai 24 anni, nel 34% tra i 25 e i 34 anni.
Attenzione ai sintomi
Le percentuali più elevate si sono registrate nel Regno Unito, in Irlanda, Danimarca e Lettonia. In Italia si segnalano ogni anno all’incirca un centinaio di casi, di cui più della metà asintomatici sia nell’uomo sia nella donna. Nella donna, infatti, l’infezione può restare silente ed essere scoperta solo in seguito alla diagnosi di uretrite gonococcica nel partner sessuale, oppure può caratterizzarsi con una cervicite mucopurulenta o sanguinamento da contatto, dolore al basso ventre e infezioni faringee e anali.
Quali conseguenze
La gonorrea può complicarsi sviluppando bartolinite, una problematica che interessa le ghiandole di Bartolini, ma anche endometrite, peritonite o salpingo-ooforite, un’infiammazione di ovaie e tube uterine che può portare alla sterilità. Ma soprattutto la gonorrea è un’infezione pericolosa se contratta in gravidanza: può causare rottura prematura delle membrane, parto prematuro e corioamnionite, un’infezione che colpisce le membrane fetali e il liquido amniotico. Mentre per il nascituro l’infezione può colpire gli occhi e causare la congiuntivite, oppure causare, tra i 3 e i 21 giorni di vita, l’artrite settica. La complicanza più probabile nell’uomo è l’orchite, un’infiammazione dei testicoli responsabile di alcuni casi di infertilità.
Come si cura
La cura della gonorrea prevede l’impiego di antibiotici, da estendere anche al partner, in quanto non si conosce il periodo di incubazione. Sono potenzialmente a rischio tutti i partner con i quali vi sia stato un rapporto nelle 4 settimane precedenti alla diagnosi.