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Fumare in gravidanza è un’abitudine pericolosa per il feto e non esistono dubbi in proposito. La placenta non difende il bambino dalle sostanze tossiche che circolano nel sangue della madre fumatrice e il piccolo rischia una serie di danni per la salute: può nascere sottopeso, avere problemi respiratori e allergici, sviluppare più facilmente problemi cardiovascolari. Ecco perché è importante, se possibile, smettere completamente di fumare in gravidanza. “La gestazione è un forte deterrente per il fumo e spesso le mamme smettono per sempre grazie alla maternità” spiega la professoressa Stefania Piloni, ginecologa e docente all’Università degli Studi di Milano. “Chi proprio non riesce, riduce drasticamente, anche se l’ideale sarebbe interrompere del tutto”.
Fumare in gravidanza: i rischi per il bambino
Il fumo in gravidanza espone il bambino a una serie di problemi per la salute, sia quando il piccolo è ancora in utero, sia quando viene al mondo. Ogni tiro di sigaretta immette infatti nell’organismo materno oltre 4.000 sostanze tossiche come nicotina, monossido di carbonio, ossidanti. Molte di queste hanno l’effetto di aumentare il rischio di tumore, come nel caso di cadmio, arsenico, benzene, nitrosammine del tabacco, idrocarburi aromatici e molte altre. Dai polmoni, queste sostanze passano nel circolo sanguigno della mamma e, da qui, raggiungono la placenta e quindi il feto. Il piccolo è corre quindi diversi rischi, vediamoli.
Cresce il rischio di aborto spontaneo
Diversi studi provano che fumare in gravidanza può causare aborto spontaneo e parto pretermine. Inoltre aumenta anche il rischio di morte perinatale.
Il neonato è mediamente più piccolo
Il fumo materno riduce l’apporto di ossigeno, essenziale per la corretta crescita del bambino. Infatti la nicotina altera l’attività della placenta, diminuendo l’apporto di ossigeno e nutrimento all’organismo del feto: di conseguenza, quando il bimbo di una mamma fumatrice viene al mondo, è mediamente più piccolo. In particolare, il suo peso è di circa il 10 per cento inferiore alla media dei bimbi nati alla stessa età gestazionale. Anche circonferenza cranica e toracica sono inferiori alla media.
Il bambino è più soggetto a disturbi respiratori
Nei primi mesi di vita, nei bambini figli di donne fumatrici si registra una maggiore incidenza di malattie respiratorie come bronchiti, otiti, asma, fino al 70% in più rispetto ai nati da donne che non fumano. Questi piccoli sono anche soggetti a una forma di ittero (la colorazione giallastra della pelle e delle mucose) molto più accentuata rispetto a quella, del tutto naturale, che si verifica in molti neonati nei primi giorni di vita. In questo caso l’ittero è dovuto a un cattivo funzionamento del fegato, intossicato dalla nicotina.
Il sangue del neonato è più denso
In bimbi nati da donne che fumano è alto il tasso di ematocrito, cioè il rapporto tra la parte solida del sangue (costituita da globuli rossi, bianchi e piastrine), rispetto alla parte liquida (il plasma). Questo significa che il sangue è molto denso. È un’altra conseguenza dell’alterato scambio ossigeno-anidride carbonica dovuto alla nicotina: la quantità di ossigeno che ogni globulo rosso riesce a trasportare risulta ridotta, quindi il midollo osseo è costretto a produrre molti globuli in più, per far fronte alle necessità dell’organismo. Il sangue più denso scorre con maggiore difficoltà e questo, nel tempo, predispone a problemi di salute.
Aumenta il rischio di morte in culla
Fumare in gravidanza espone maggiormente il bambino alla Sids – Sudden Infant Death Syndrome, la sindrome da morte improvvisa del neonato, a un rischio aumentato di almeno tre volte rispetto ai bambini nati da donne che non hanno il vizio del fumo. Per lo stesso motivo è sconsigliato sottoporre i bambini al fumo passivo dopo la nascita: i piccoli che lo respirano nell’ambiente domestico corrono il doppio dei rischi.
Il ginecologo risponde: l’intervista alla professoressa Stefania Piloni
La placenta rappresenta una efficace barriera protettiva dal fumo?
No, la placenta non è in grado di impedire i danni delle sigarette. Lo dimostrano studi, condotti su neonati figli di fumatrici, nelle cui urine sono state trovate tracce di sostanze tossiche provenienti dalle sigarette. La nicotina provoca inoltre vasocostrizione, cioè un restringimento del vasi sanguigni che irrorano la placenta stessa. Questi apportano meno sangue e, di conseguenza, meno ossigeno al feto: i polmoni, i reni e gli altri organi ricevono dunque una quantità di ossigeno non ottimale per lo sviluppo. Per riparare questa carenza, il cuore del piccolo è costretto a pompare più sangue e i battiti cardiaci aumentano. Questo è il motivo per cui i bambini di mamme fumatrici, quando sono ancora nel pancione, possono avere un battito più accelerato.
Perché la donna che fuma in gravidanza rischia di più un parto prematuro?
È probabile che nell’utero si crei un contesto “inquinato” da nicotina e monossido di azoto: l’organismo del feto, allora, cerca inconsapevolmente un ambiente meno ostile, venendo al mondo. La nascita prematura può però comportare rischi anche seri, soprattutto perché i polmoni del piccolo non sono ancora perfettamente in grado di funzionare. Inoltre, i bimbi nati con forte prematurità sono mediamente più soggetti a ritardi cognitivi.
Anche gli altri componenti della famiglia dovrebbero smettere di fumare?
Sì, perché anche il fumo passivo è dannoso. Le mamme in attesa che non fumano, ma che inspirano i vapori altrui, corrono ugualmente un certo rischio. Il feto può cioè andare incontro agli stessi danni che avrebbe con una madre fumatrice, in misura leggermente inferiore ma comunque presente. Il piccolo può quindi nascere con un peso inferiore alla media ed è più soggetto a otiti, bronchiti, asma bronchiale. Anche i papà devono essere responsabilizzati. Se fumano davanti alla compagna gravida, non la sostengono a smettere e creano in casa un ambiente malsano anche per il bimbo e per la morte in culla.
Una volta nato il bambino, si può riprendere a fumare?
In realtà si dovrebbe proprio non riprendere il vizio, sia per evitare di esporre il piccolo al fumo passivo, sia per l’allattamento, sia per un’eventuale nuova gravidanza. Il latte delle mamme fumatrici ha un gusto più amaro, spesso sgradito al bambino, che tende a succhiare meno e, quindi, a crescere più lentamente. Non solo: la nicotina che passa al piccolo attraverso il latte può provocare attacchi di diarrea, crampi intestinali e formazione di gas. Questa sostanza, inoltre, ha la capacità di agire sugli elementi contenuti nel latte, alterandone le capacità nutritive. I bimbi di mamme che fumano in allattamento sono anche più nervosi e più soggetti a disturbi del sonno.
Quanto si può fumare in gravidanza?
Per molto tempo si è pensato che limitarsi a cinque-sei sigarette fosse un compromesso tra la propria “passione” e la tutela della salute del feto. Non è così: il modo migliore per proteggere il proprio bambino è smettere completamente di fumare in gravidanza. Alcuni studi hanno evidenziato differenze nella salute e nello sviluppo fisico tra i neonati di mamme che fumavano meno di dieci sigarette al giorno durante la gestazione e mamme che non fumavano affatto. I figli del gruppo di donne fumatrici erano decisamente più sottopeso rispetto agli altri e presentavano maggiori problemi respiratori. Anche poche sigarette, quindi, sono nocive e non sono innocue nemmeno le sigarette elettroniche. Infatti contengono nicotina, sostanze chimiche combuste e aromi che possono essere ugualmente nocive al bambino che cresce nel pancione. Anche secondo le direttive dell’Organizzazione Mondiale della sanità, non possono essere considerate come un’alternativa innocua alle sigarette tradizionali e nemmeno come un sistema per dire addio definitivamente al fumo. Una volta che si decide di smettere di fumare è importante farlo ricorrendo ai sistemi adatti al delicato periodo della gravidanza.