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Da anni, il pap test è considerato la pietra miliare nella diagnosi precoce dei tumori del collo dell’utero. Non a caso, in Italia è offerto gratuitamente a tutte le donne sopra i 25 anni. Eppure, potrebbe essere meno efficace del previsto. Questo perlomeno è quanto sostiene la Fda, l’ente americano che si occupa della registrazione e della regolamentazione dell’uso dei farmaci, che raccomanda di sostituire questa indagine con l’analisi dell’Hpv-Dna.
Un esame molto semplice
Il pap test è uno strumento fondamentale della prevenzione del tumore del collo dell’utero. Si tratta di un esame che consiste nel prelievo di un campione di cellule del collo dell’utero, da sottoporre poi a indagini di laboratorio. Questa analisi riesce a individuare modificazioni cellulari allo stadio iniziale, in grado cioè di essere sottoposte a cure prima che si possa generare un tumore. Da quanto è stato introdotta, questa indagine ha contribuito a diminuire in tutto il mondo e in modo sensibile i casi di malattia. Tuttavia, ha un limite: i risultati sono parzialmente soggettivi, cioè legati all’arbitrarietà del tecnico di laboratorio che analizza lo striscio. Per questa ragione, non riesce a identificare la totalità delle lesioni pretumorali, che sono a rischio di trasformarsi, nel tempo, in un tumore.
L’alternativa
Il test virale o HPV-DNA test sembra in grado di superare questa lacuna: infatti, è in grado di rilevare la presenza dell’Hpv, in particolare dei tipi ritenuti ad alto rischio perché potenzialmente oncogeni, ancora prima che essi possano provocare le anomalie cellulari rilevate dal pap test.
Si fanno allo stesso modo
L’esecuzione è esattamente identifica fra i due test, a cambiare è solo l’analisi di laboratorio. Il test virale è altamente sensibile: è in grado di individuare la quasi totalità dei casi a rischio. Studi condotti su ampie fasce di popolazione hanno dimostrato che questo esame, rispetto al pap test, permette di rilevare fino al 30% in più delle donne potenzialmente a rischio. Secondo la Fda, il test del Dna andrebbe utilizzato come prima opzione negli screening perché ha dimostrato di essere molto più sensibile nel trovare le lesioni precancerose.