La cordocentesi
Detta anche funicolocentesi, consiste in un prelievo di sangue eseguito, nei casi in cui se ne riveli la necessità, sul cordone ombelicale a partire dalla 20a settimana di gravidanza. Si effettua sotto controllo ecografico e richiede quindi due operatori: un ecografista e un medico che esegue il prelievo. Una volta visualizzato il cordone ombelicale con l’ecografia, il prelievo dura pochi minuti, non comporta la necessità di anestesia e non è dolorosa. Il cordone ombelicale è raggiunto attraverso la pancia della futura mamma con un ago sottile e, dopo l’esame, la futura mamma deve rimanere in osservazione per qualche ora.
Si tratta di una tecnica invasiva, che comporta un rischio di aborto spontaneo pari a circa 1 caso su 150 ed è per questo che l’esame non si effettua di routine, ma solo in determinati casi. Può essere proposto, per esempio, quando l’ecografia morfologica ha evidenziato delle anomalie che si riscontrano con maggior facilità nei bambini affetti da sindrome di Down e, quindi, si voglia approfondire con un esame il sospetto, anche se ormai come test ne esistono altri, come villocentesi e amniocentesi, che hanno rischio di aborto inferiore. Si ricorre alla cordocentesi, ormai sempre più raramente, per motivi diversi dalla diagnosi prenatale: per esempio, in caso di ritardo di crescita intrauterina del feto o di un’infezione contratta dalla futura mamma in gravidanza. Questo esame è prescritto anche quando si sospettino alcune specifiche infezioni del feto (ad esempio, toxoplasmosi e rosolia) o malattie del sangue (ad esempio, la malattia emolitica fetale) rilevabili solo attraverso questo esame.
La cordocentesi può essere prescritta, talvolta, anche per somministrare farmaci o fare trasfusioni di sangue al feto tramite il cordone ombelicale.