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Superato il termine della gravidanza (che è alla 40a settimana), mamma e bambino vengono sottoposti a una serie di controlli, per verificare che le loro condizioni di salute siano buone e, quindi, che la gravidanza possa proseguire ancora per un po’ senza problemi. Di norma, intorno alla 41 settimana, se il bimbo non è ancora nato, la donna viene ricoverata in ospedale per indurre il travaglio. Ecco i due esami che si eseguono a questa epoca di gravidanza, entrambi completamente gratuiti (senza pagamento di ticket), come previsto dai nuovi Lea del 2017.
ecografia ostetrica
Si tratta di un’ecografia che serve per verificare vari elementi. Innanzitutto si controlla la quantità di liquido amniotico (che in genere è compresa tra 500 e 1.500 millilitri) in cui è immerso il piccolo nel pancione. Quando il bimbo sta bene, cioè riceve un adeguato nutrimento di ossigeno, anche i reni sono ben irrorati dal sangue e, di conseguenza, producono la giusta quantità di urina, che si trova nel liquido amniotico. Al contrario, quando il bambino riceve poco ossigeno, lo manda al cuore e al cervello, “risparmiando” sul rene e urinando quindi di meno. In questo caso, il ginecologo valuta, in base alle condizioni di benessere del feto, se indurre o meno il travaglio.
Attraverso l’ecografia si può eseguire anche la biometria fetale, cioè si verifica che le dimensioni del feto siano nella norma rispetto all’epoca gestazionale. Consente cioè di vedere se il piccolo ha ricevuto nutrimento a sufficienza e se continua a riceverne abbastanza. In quest’ultimo caso, infatti, è necessario indurre il parto.
Insieme con l’ecografia, spesso si esegue anche la dopplerflussimetria, in termini medici dopplerflussimetria dell’arteria ombelicale, e consiste in un’ecografia che verifica le condizioni della circolazione del sangue del feto nel cordone ombelicale, perché è da questo che il piccolo trae il suo nutrimento e attraverso di esso elimina le sostanze di scarto tra cui, soprattutto, l’anidride carbonica.
Il monitoraggio del battito cardiaco
Questo esame, chiamato anche cardiotocografia esterna, registra contemporaneamente la frequenza cardiaca fetale e la contrattilità dell’utero, verificando la reattività del bambino, e quindi la variazione del battito del suo cuore, alle modificazioni dell’utero. Il controllo del ritmo del battito cardiaco permette, infatti, di rilevare la presenza di un’eventuale sofferenza del feto e, in questo caso, la necessità di far nascere il bimbo in anticipo (con i farmaci o con il cesareo). L’esame può essere effettuato in due modi: dall’esterno o dall’interno (quest’ultima modalità, però, è possibile solo durante il travaglio, dopo che si sono rotte le membrane amniotiche). Dall’esterno, l’esame si effettua con un particolare strumento elettronico, il cardiotocografo. La futura mamma viene fatta sdraiare su un lettino (o sedere su una sdraio) e le vengono fissate al pancione, tramite fasce elastiche, due placche di metallo, collegate a un monitor elettronico. Le registrazioni, delle contrazioni da un lato e del battito cardiaco fetale dall’altro, vengono rielaborate in due tracciati e, sulla base del loro confronto, è possibile stabilire le condizioni di benessere del bimbo.