Gli esami del sangue – 33-37 settimana di gravidanza

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 13/01/2015 Aggiornato il 04/02/2020

In prossimità del parto, si controlla che la futura mamma non soffra di disturbi che potrebbero essere trasmessi al feto negli utlimi periodi o durante la nascita. Sono gratuiti ed esenti da ticket per tutte le donne in questo periodo

esami sangue test

Gli esami del sangue

Si effettuano (secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998 e dai nuovi Lea del 2017) tra la 33a e la 37a settimana di gravidanza e sono gratuiti se eseguiti nelle strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Gli esami del sangue che si eseguono in questo periodo sono:

  • Emocromocitometrico: con questo esame si controllano la quantità e le percentuali dei globuli bianchi e dei globuli rossi (elementi del sangue) e la concentrazione dell’emoglobina (la proteina che trasporta l’ossigeno ai vari tessuti). Questo test è utile per accertare che la futura mamma non soffra di anemia, un disturbo caratterizzato dalla carenza di questi elementi nel sangue.
  • Toxotest: se non si è immuni alla toxoplasmosi, questa infezione da Toxoplasma gondii pericolosa nei nove mesi per la salute del bambino, si ripete anche questo esame, ricercando gli anticorpi specifici. C’è da specificare, però, che a questo periodo di gravidanza il rischio di trasmissione al feto è molto alto, in quanto il protozoo passa facilmente dalla placenta e si parla di un rischio di trasmissione che raggiunge il 70-90% dopo la 30a settimana, ma i rischi di danni sono molto meno gravi, se non nulli.
  • Virus dell’epatite B (HBsAg): con questo esame si ricerca nel sangue l’antigene di superficie dell’epatite B, chiamato HBsAg, una molecola che si trova sulla superficie del virus e può essere trovato circa 6-8 settimane dopo essere state contagiate, così da capire se nel sangue della futura mamma sono presenti tracce di questo virus. In caso positivo, infatti, sarà necessario prendere le dovute precauzioni al momento del parto, per evitare di trasmettere l’infezione al bambino. In genere, in questo caso non è possibile l’allattamento al seno, perché anch’esso è a rischio di trasmissione dell’infezione. L’epatite B si può essere trasmettere tramite fluidi corporei ed è in genere senza sintomi. 
  • Sifilide: si ripetono a quest’epoca gli esami per la sifilide, una malattia venerea un tempo molto comune, poi calata e poi di nuovo in crescita (è la terza più diffusa dopo clamidia e gonorrea), che se contratta nei nove mesi può passare al bambino con gravi conseguenze. La sifilide è provocata dal batterio Treponema pallidum, che è particolarmente aggressivo e può essere trasmesso al feto durante la gravidanza, il parto e l’allattamento. Gli esami passati dal Servizio sanitario nazionale sono VDRL (Veneral Disease Research Laboratory) e TPHA (Treponema pallidum Haemoagglutination Assay), che si eseguono sul siero del sangue.
  • Aids: da rifare anche gli esami per escludere un contagio da HIV, il virus dell’immunodeficenza acquisita, utile da sapere in questa fase per evitare contagi durante il parto e nell’allattamento. Se scopre di essere affetta, la futura mamma può iniziare subito il trattamento specifico per lei e per, eventualmente, il bimbo che porta in grembo.
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