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In caso di perdite di sangue in gravidanza, è innanzitutto importante distinguere in quale epoca della gestazione si manifestano e con quale entità. Per ciascuno dei tre trimestri, infatti, possono apparire con colore, quantità e ritmo diverso, dando anche luogo a esiti differenti nelle situazioni di rischio. Del resto, è del tutto comprensibile che la sola vista del sangue metta in allarme la futura mamma. Tuttavia, spesso si tratta di un fenomeno normale, che non sempre ha un’evoluzione sfavorevole per la gravidanza. Ecco quando c’è da preoccuparsi per le perdite in gravidanza con i suggerimenti della dottoressa Anita Regalia, ginecologa, Associazione Iris onlus.
Come sono le perdite nel primo mese di gravidanza?
All’inizio dell’attesa la presenza di macchie marroni che si presentano senza dolore è un fenomeno abbastanza ricorrente, che si verifica talvolta in corrispondenza della prima mancata mestruazione ed è definito come “segno della morula”, vale a dire che si sta compiendo l’impianto dell’embrione. Durante questo processo può rompersi qualche vaso sanguigno e procurare uno scarso sanguinamento di colore marrone. Può anche capitare che le perdite compaiano per la presenza di polipi nel canale cervicale. Oppure, per il sanguinamento dell’ectropion (la cosiddetta piaghetta), che in gravidanza è più fragile, a causa della vasodilatazione dovuta agli ormoni. In ogni caso è bene sentire il medico, anche se non è necessario andare al Pronto Soccorso.
Come sono le perdite da minaccia di aborto?
Se le perdite compaiono dopo l’ottava settimana di gravidanza e sono copiose, di colore rosso vivo, accompagnate da dolore sovra-pubico, con irradiazione dorsale (tipo crampo, che ricorda il dolore mestruale), potrebbe trattarsi di una minaccia d’aborto. O, peggio, di un aborto spontaneo, se l’entità del sanguinamento è molto abbondante, frammisto a voluminosi coaguli, con dolore intenso e continuo. Purtroppo, se il processo di espulsione dell’embrione si è innescato, è irreversibile, tanto che in quest’epoca della gravidanza anche la somministrazione di progesterone non serve e l’aborto spontaneo non può essere evitato, in quanto rappresenta una specie di “selezione” delle gravidanze con gravi anomalie incompatibili con la vita.
L’aborto spontaneo è un evento piuttosto frequente che colpisce circa una gravidanza su quattro. Tuttavia registra un’incidenza minore (una su venti) se si è già avuto un aborto. E ancora più raramente (una possibilità su cento) se si sono già avuti due aborti. Se l’evento si verifica nelle prime settimane di gravidanza, è possibile che si risolva con una perdita di sangue pari all’entità di una mestruazione abbondante. Se invece, si manifesta verso la fine del primo trimestre, la visita dal ginecologo è necessaria, soprattutto per verificare che sia stato espulso tutto il prodotto del concepimento, per evitare che eventuali residui possano determinare perdite e dolori per lungo tempo.
Quanto durano le perdite dopo una gravidanza extrauterina?
In rari casi, la presenza di dolore persistente, soprattutto da un unico lato, unito a scarse perdite di sangue nelle prime settimane di gestazione, può essere il sintomo di una gravidanza extrauterina, ossia una gravidanza che si è impiantata al di fuori della cavità dell’utero (in genere in una delle tube). Nel dubbio, occorre andare subito dal ginecologo e, purtroppo, in questo caso l’esito non può essere positivo.
Quanto durano le perdite da placenta bassa?
Dopo il terzo mese di gravidanza, le perdite di sangue sono un evento raro e le cause di sanguinamento sono diverse rispetto alle prime fasi della gravidanza: un’abbondante perdita ematica può indicare un problema di anomala inserzione della placenta.
Nei primi mesi la gravidanza può evolvere senza disturbi, ma nel momento in cui inizia l’espansione dell’utero e la placenta ha una posizione anomala, non è in grado di seguire questa distensione, pertanto i vasi sanguigni vanno incontro a rottura e a conseguente sanguinamento. Succede quando la placenta si è inserita troppo in basso, in una zona che è definita dagli ostetrici come segmento inferiore, o addirittura si è innestata in corrispondenza dell’orifizio interno del collo dell’utero. In tal caso è raccomandabile recarsi al più presto dal ginecologo per un controllo. La presenza di placenta previa si individua facilmente attraverso l’ecografia. L’esito in genere impone riposo, astinenza dai rapporti sessuali e – se necessario – somministrazioni di progesterone per evitare l’inizio di un travaglio pretermine.
Come sono e quanto durano le perdite da distacco?
In condizioni normali la placenta si stacca dalle pareti dell’utero dopo che il bambino è nato, nel momento del cosiddetto secondamento (espulsione della placenta e degli annessi amniocoriali), ma può succedere che ciò si verifichi durante il travaglio o, prima ancora, nel corso della gestazione. È un’eventualità rarissima, che tuttavia può costituire un grave rischio sia per la madre, sia per il bambino. Spesso il sanguinamento è preceduto dalla comparsa di dolore addominale.
Le cause che possono portare al distacco della placenta sono diverse e vanno dall’ipertensione in gravidanza a ripetuti cesarei, da traumi a livello addominale all’abuso di fumo. L’entità delle perdite, di colore scuro o rosso vivo, è variabile e non sempre correlata all’estensione più o meno grande dell’area di distacco, che tuttavia condiziona la prognosi: piccoli distacchi marginali, infatti, possono andare incontro a processi di cicatrizzazione e la gravidanza può proseguire normalmente con stretto monitoraggio della situazione. In rari casi, invece, possono verificarsi dei distacchi massivi, che impongono interventi di urgenza, per salvare il bambino e la mamma.
Come si riconosce la perdita del tappo mucoso?
Nel corso del terzo trimestre, in epoca pretermine o a termine, le modificazioni del collo dell’utero (raccorciamento o dilatazione), possono portare a piccoli sanguinamenti di colore variabile: dal rosato al rosso vivo, al marrone. Queste lievi perdite ematiche, miste a materiale gelatinoso, sono dovute alla rottura di piccoli vasi sanguigni della cervice (collo dell’utero) e alla perdita del tappo mucoso, e rappresentano i prodromi del travaglio. L’epoca gestazionale condiziona l’importanza del fenomeno: se si realizza prima della 36a settimana, si configura una condizione di parto prematuro, con tutti i rischi per il benessere del neonato connessi alla prematurità. In seguito, cioè in una gravidanza a termine, non costituisce alcun rischio.
Fonti / Bibliografia
- Chi siamo - IRIS Associazione - MilanoIRIS è un’associazione fondata a Milano nel 2002 i cui scopi sono: diffondere il diritto alla salute e al benessere promuovere una visione pluridisciplinare e multiculturale degli eventi fisiologici della vita…
- EctropionL'ectropion è un disturbo in cui la palpebra inferiore è ruotata verso l'esterno e, quindi, si allontana dal bulbo oculare. C