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La legge si prefigge di salvaguardare la salute della futura mamma con una serie di diritti in gravidanza. Innanzitutto, ogni donna in attesa, lavoratrice o casalinga, può usufruire gratuitamente, senza nemmeno pagare il ticket, delle visite ginecologiche e di una serie di esami ed ecografie purché si rivolga a strutture pubbliche o private ma convenzionate con il Ssn. Inoltre la legge tutela la donna lavoratrice con una serie di diritti specifici.
Non si può essere licenziate
Tra i diritti sul lavoro in gravidanza c’è anche il divieto di licenziamento. Le lavoratrici dipendenti non possono essere licenziate nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza e il primo anno di età del bambino.
Ci sono però delle eccezioni: in caso di contratto a tempo determinato; in caso di esito negativo del periodo di prova; per grave colpa della lavoratrice; per cessazione dell’attività aziendale. Al rientro sul posto di lavoro, dopo il periodo di maternità, la donna ha il diritto di continuare a svolgere le stesse mansioni, o equivalenti, che svolgeva in precedenza.
No all’orario notturno
È vietato assegnare le future mamme al lavoro dalle 24 alle 6 del mattino dall’accertamento della gravidanza fino all’anno del bambino. Si tratta di una misura per tutelare la salute della gestante e della neomamma, in quanto il lavoro notturno è considerato anti-biologico, cioè contrario ai ritmi naturali basati sulla veglia diurna e sul riposo notturno.
I permessi per visite e controlli
La futura mamma ha diritto a permessi retribuiti per effettuare esami, accertamenti e visite, nel caso in cui debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro. Il permesso non può essere negato né contestato.
L’astensione anticipata
Oggi la futura mamma può scegliere di astenersi dal lavoro un mese prima del parto e i successivi quattro mesi dopo la nascita del bebè, oppure due mesi prima e tre dopo il parto. Durante la gestazione, in casi particolari certificati dal ginecologo, è possibile anticipare il periodo di astensione dall’attività lavorativa senza rischiare di perdere il posto di lavoro. Questo può avvenire quando: la gravidanza è a rischio; la futura mamma ha una malattia che potrebbe pregiudicare la gravidanza; le condizioni o l’ambiente di lavoro sono considerati dannosi per la salute della madre e del bambino.
Se non si è dipendenti
Le lavoratrici a progetto e le libere professioniste senza previdenza specifica devono presentare all’Inps domanda di indennità. L’indennità viene corrisposta per i 2 mesi precedenti al parto e per i 3 mesi successivi ed è pari all’80 per cento del reddito lordo mensile. Alle lavoratrici autonome artigiane e a quelle che svolgono attività commerciali, alle coltivatrici dirette, colone e mezzadre e alle imprenditrici agricole è riconosciuta, per i 2 mesi antecedenti il parto e i 3 mesi successivi, un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della paga minima prevista per ciascuna categoria.