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Una carenza di proteine in gravidanza e durante l’allattamento al seno può aumentare il rischio di gravi malattie nel bebè, come il tumore alla prostata. È quanto emerso da uno studio condotto in laboratorio dell’Istituto di Bioscienze dell’Università di San Paolo, in Brasile.
Squilibri ormonali alla base
Un gruppo di topolini è stato alimentato con una dieta almeno il 17% di proteine durante la gravidanza e un periodo di allattamento di 21 giorni. Nessun caso di tumore alla prostata è stato trovato in questa prole 540 giorni dopo la nascita, quando i ratti sono ormai considerati vecchi.
Il secondo gruppo è stato alimentato con una dieta proteica al 6% solo durante la gravidanza, mentre dopo il parto si è proseguito con la dieta la dieta standard. Nella valutazione effettuata 540 giorni dopo la nascita, il 33% della prole maschile aveva sviluppato un tumore alla prostata.
Il terzo gruppo è stato alimentato con la dieta a basso contenuto di proteine (solo il 6%, una quantità di gran lunga inferiore alla media di un’alimentazione normale per i ratti) durante la gravidanza e l’allattamento: il 50% della prole ha sviluppato lo stesso tumore.
Tra le ipotesi seguite dagli studiosi ci sarebbe uno squilibrio ormonale, ma sono necessari ulteriori approfondimenti.
Proteine vegetali insufficienti
In gravidanza le proteine devono essere prevalentemente d’alto valore biologico e provenire da:
- carni;
- pesce;
- uova;
- formaggi.
Le proteine vegetali (contenute in pasta, pane, legumi) non sono sufficienti, infatti, a coprire il fabbisogno d’amminoacidi essenziali.
Dal secondo trimestre, il fabbisogno proteico aumenta gradatamente da 1 grammo g a 1,5/2 grammi al giorno per chilo di peso. Le proteine sono fondamentali ai fini plastici, cioè di costruzione dei tessuti: con l’avanzare della gravidanza devono pertanto aumentare, visto che si sta “costruendo” un nuovo organismo.