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In gravidanza una dieta materna troppo ricca di grassi e zuccheri potrebbe mettere a rischio la salute del nascituro, fino ad aumentare il pericolo di insorgenza di iperattività e disturbi del comportamento.
Non solo obesità
Se il famoso filosofo tedesco Ludwig Feuerbach affermava “siamo quello che mangiamo”, uno studio condotto dai ricercatori del King’s College di Londra (Gran Bretagna) e pubblicato sulle pagine del Journal of Child Psychology and Psychiatry è andato oltre, sostenendo che quello che mangia una donna in gravidanza influisce non solo sulla salute della donna stessa, ma anche su quella del nascituro.
E in maniera non trascurabile: se, infatti, è già stato messo in evidenza da molte altre ricerche come la dieta seguita durante la gravidanza abbia ricadute di non poco conto su patologie metaboliche come obesità e predisposizione al diabete che potrebbero interessare in futuro il bambino, lo studio inglese ha ora messo in evidenza che ciò che mangia la futura mamma durante la gestazione potrebbe addirittura giocare un ruolo nell’insorgenza nel bebè di condizioni come iperattività e disturbi del comportamento. In particolare sul banco degli imputati ci sarebbe un’alimentazione materna eccessivamente ricca di grassi e zuccheri.
Troppi grassi e zuccheri
I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo avere monitorato lo stile di vita materno e analizzato geneticamente 83 bambini con problemi comportamentali precoci: hanno così potuto determinare che durante la gravidanza un’alimentazione materna troppo ricca di grassi e zuccheri comporta dei cambiamenti nell’attività del gene Igf2, coinvolto nello sviluppo del feto e di alcune aree del cervello come il cerebellum e l’ippocampo, implicate nella sindrome di iperattività.
I fattori nutrizionali possono essere corretti
Come spiega Edward Barker, una delle firme dello studio, “i risultati della nostra ricerca suggeriscono che promuovere una dieta prenatale salutare può abbassare il livello dei sintomi di iperattività e dei problemi di condotta nei bambini. Sono dati incoraggianti, dal momento che i fattori nutrizionali possono essere corretti”.