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Ogni anno circa 600mila persone muoiono per cause legate all’epatite E, quasi tutte nei Paesi in via di sviluppo. Si stima che un terzo della popolazione mondiale abbia avuto contatti con questo virus e che ogni anno 20 milioni di persone contraggano l’infezione.
La situazione in Italia
In Italia l’epatite E colpisce più gli uomini (80% dei casi). Il 33% dei casi riguarda cittadini stranieri. La percentuale di mortalità è stimata tra l’1 e il 3%. Se però l’analisi viene fatta sulle donne in gravidanza che contraggono il virus la percentuale arriva al 15-25%.
Non sono ancora note le cause di questa elevata incidenza e del perché l’esito letale avvenga soprattutto nel terzo trimestre (quando la letalità può raggiungere il 5-25%), ma l’ipotesi più accreditata è quella di un ruolo da parte di fattori immunologici che limitino la capacità di combattere il virus.
Dove è più diffusa
L’ epatite E è una malattia sottostimata soprattutto per la carenza di strumenti di diagnosi efficaci. È diffusa soprattutto in Asia meridionale. Diversi studi hanno però evidenziato un’elevata presenza di anticorpi anche tra la popolazione sana di Paesi industrializzati (5-20%), il che testimonia che il virus è endemico anche in Europa. In Italia, una recente indagine ha mostrato che l’8,6% della popolazione ha gli anticorpi dell’ epatite E.
L’infezione, in Italia, è risultata nel 90% dei casi asintomatica, mentre può causare epatiti acute e croniche negli individui immunodepressi. La causa principale di contagio è alimentare (carne cruda di maiali e cinghiali, ma anche polli e tacchini) come sembrerebbe dimostrare la predominanza del dato nelle regioni del centro Italia dove è maggiore il consumo di alimenti come le salsicce di fegato, le principali sospettate.
Di origine alimentare
Oltre al consumo di alimenti con carne infetta, alla trasmissione oro-fecale, alle acque contaminate e alla trasmissione verticale madre-figlio (anche per questo è pericolosa in gravidanza), esiste anche il rischio di trasmissione attraverso trasfusioni di sangue. Esiste un vaccino, ma è commercializzato solo in Cina.
La migliore prevenzione, fondamentale soprattutto per le donne in gravidanza, quindi consiste nel porre attenzione all’igiene e alla dieta, nonché sensibilizzare verso la velocità di analisi per individuare con sicurezza e nel più breve tempo possibile l’infezione.