Che pesce si può mangiare in gravidanza?

Chiara Di Paola A cura di Chiara Di Paola Pubblicato il 18/03/2022 Aggiornato il 18/03/2022

Nasello, salmone & co. sono alimenti essenziali, in quanto rappresentano un'importante fonte di nutrienti indispensabili sia per la salute della futura mamma sia per lo sviluppo il bebè nel pancione. Ecco che pesce si può mangiare in gravidanza, per il benessere proprio e del bimbo

Che pesce si può mangiare in gravidanza?

Secondo recenti studi internazionali, un consumo equilibrato di pesce in gravidanza favorisce il corretto accrescimento neurologico del bambino e influenza positivamente non solo le sue capacità cognitive, ma anche il suo profilo metabolico nei successivi anni di vita. Il pesce, inoltre, fornisce alla donna importanti sostanze il cui fabbisogno aumenta in gravidanza e, in più, contribuisce al mantenimento del peso sotto controllo, grazie alla quantità ridotta di calorie e all’elevato potere saziante. Ecco che pesce si può mangiare in gravidanza, seguendo i consigli del professor Gianni Bona, docente presso il Dipartimento di scienze della salute dell’Università del Piemonte Orientale e primario emerito di pediatria presso l’azienda ospedaliera universitaria di Novara.

Perché il pesce è importante?

Oltre che ricco di proteine di alto valore biologico e ferro, il pesce contiene iodio, fosforo e altri sali minerali, vitamine D ed E, vitamine del gruppo B, acidi grassi polinsaturi del tipo Dha, tra cui gli Omega-3 e gli Omega-6.
Tutto ciò che la futura mamma assume con l’alimentazione non serve solo a mantenere lei stessa in salute, ma passa anche al bambino, dapprima attraverso la placenta, poi tramite il latte materno. Ecco perché la dieta materna è essenziale per lo sviluppo neurologico prenatale e per le capacità cognitive, comportamentali e motorie del bambino nei primi anni di vita, nonché per la sua salute metabolica: lo protegge dal rischio di sviluppare obesità, insulino-resistenza, diabete, ipertensione e ipercolesterolemia nel corso della vita.

Assieme alla vita fetale, la fase dell’allattamento al seno rappresenta il periodo di massimo sviluppo cerebrale del bambino, che assorbe tutti i nutrienti contenuti nel latte materno. Per questo motivo l’alimentazione della donna continua a essere fondamentale anche dopo il parto, e il pesce non deve mancare per rendere biodisponibili i preziosi acidi grassi polinsaturi che questo alimento contiene in quantità.

Perché il pesce fa bene al cervello?

Il consumo di pesce da parte della mamma favorisce lo sviluppo neurologico del bambino grazie all’apporto di ferro, coinvolto nella produzione di numerosi enzimi del metabolismo cerebrale, e di Omega-3 e gli Omega-6, che si accumulano nel cervello proprio durante la fase fetale. Questi acidi grassi polinsaturi, oltre a presiedere allo sviluppo dei neuroni fin dalle prime fasi della gestazione e successivamente alla formazione delle sinapsi (i punti di contatto tra le cellule nervose che consentono gli scambi di informazioni), riducono il rischio di sviluppare disturbi dello spettro autistico durante l’infanzia.
Tuttavia, per quanto sia diffusa la credenza che mangiare pesce aumenti il quoziente intellettivo grazie all’apporto di fosforo, il ruolo di questo nutriente è piuttosto marginale rispetto a quello del suo contenuto lipidico. Quello che è vero è che il consumo di pesce ha un effetto positivo sul cervello in tutte le fasi della vita, anche molto tempo dopo l’infanzia. Negli adolescenti sembra favorire l’intelligenza verbale e visivo-spaziale, mentre negli anziani rallenta il declino cognitivo grazie all’attività antinfiammatoria e di soppressione della sintesi di citochine proinfiammatorie esercitata dai grassi buoni polinsaturi.
Gli acidi grassi contenuti nel pesce hanno un effetto positivo sulle cellule nervose, non solo del cervello ma anche dell’apparato visivo. In particolare, negli ultimi mesi di gravidanza, questi nutrienti favoriscono la corretta formazione della retina e predispongono un efficiente trasporto degli impulsi nervosi tra gli organi di senso e il sistema nervoso centrale. 

Secondo uno studio internazionale condotto dai ricercatori di cinque Paesi europei (Francia, Grecia, Norvegia, Spagna e Regno Unito) e pubblicato sulla rivista scientifica Jama Network Open, il consumo moderato di pesce da parte della futura mamma ha un effetto positivo anche sul profilo metabolico del bambino negli anni successivi alla nascita. Ecco che cosa è stato scoperto:
– migliora il funzionamento della tiroide. Grazie al suo contenuto di iodio, il pesce migliora la funzionalità della tiroide, che contribuisce alla trasformazione ottimale del cibo ingerito in carburante per l’organismo, garantendo processi fisiologici più efficienti e livelli più alti di energia;
– favorisce lo sviluppo della massa magra. Ricco di proteine, il pesce è un alimento indispensabile per il corretto sviluppo dei muscoli, che a loro volta favoriscono il consumo di calorie da parte dell’organismo, riducendo la tendenza ad accumulare grasso, soprattutto a livello dell’addome, considerato il più pericoloso per la salute;
– abbassa il colesterolo nel sangue. Un buon apporto di grassi polinsaturi a catena lunga Omega-3 e Omega-6 fin dall’infanzia ha un effetto protettivo nei confronti dell’apparato cardiovascolare, in quanto migliora il quadro lipidico del sangue, aiutando a innalzare i livelli di colesterolo buono Hdl e a ridurre l’assorbimento intestinale di trigliceridi e colesterolo cattivo Ldl, derivati dal consumo di alimenti ricchi di grassi saturi (carni rosse, salumi, formaggi stagionati, condimenti di origine animale come burro, lardo, strutto, cibi iperprocessati industrialmente).

 

 
 
 

In sintesi

Quali sono i pesci che fanno bene alla salute?

Per assicurare al nascituro tutti gli effetti benefici apportati dal pesce, gli esperti raccomandano alle donne in attesa di assumerne una quantità “moderata”, che secondo l’Efsa (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare) corrisponde al consumo di tre-quattro porzioni di pesce alla settimana, fino a circa 600 grammi di peso, in particolare nel primo trimestre di gravidanza. Non tutte le specie ittiche, però, sono uguali dal punto di vista nutrizionale: le varietà classificate come “grasse” o  “pesce azzurro” (sardine, alici, salmone, trota, aringa, pesce spada, sgombro, tonno), sono quelle più ricche di Omega-3 e Omega-6, proteine nobili, vitamine D e B, vitamina PP, fosforo, potassio, magnesio e ferro. Rispetto al pesce bianco, sono tra l’altro più facili da reperire fresche e a prezzo contenuto tutto l’anno. 
Altri tipi di pesce indicati in gravidanza sono: cefalo, sogliola, merluzzo, nasello, palamita, aguglia, ricciola. Anche molluschi e crostacei possono essere consumati durante l’attesa, ma solo occasionalmente e a patto che siano ben cotti, in modo da eliminare il rischio di intossicazioni da metalli pesanti e infezioni (come l’epatite A).
Attenzione invece a salmone affumicato e pesce crudo (compresi sushi e sashimi), uova di pesce (bottarga e caviale), in quanto possono causare tossinfezioni alimentari, come la listeriosi e la salmonellosi. Sebbene non riescano ad attraversare la placenta e a danneggiare il feto, queste infezioni possono, però, essere particolarmente problematiche in gravidanza, perché richiedono il ricorso a farmaci e possono indurre scompensi o carenze nutrizionali.Anche se il pesce fresco è sempre da preferire perché garantisce la maggior presenza di nutrienti benefici, si può consumare tranquillamente anche quello surgelato, precotto o in scatola, a patto di scegliere prodotti “al naturale”, che non contengano quantità troppo elevate di grassi saturi per la conservazione.

Quali pesci sono più soggetti ad accumulo di sostanze tossiche?

Oltre alle sostanze benefiche, il pesce può contenere mercurio, un inquinante che in quantità elevate ha un effetto neurotossico e può accumularsi nel sangue materno e compromettere gli effetti positivi del pesce sul metabolismo dei bambini.
Per questo gli esperti consigliano alle donne in gravidanza di preferire le specie ittiche di piccola taglia (salmone, sardina, alice), evitando le varietà di dimensioni maggiori, più longeve e provenienti da mari potenzialmente inquinati (come tonno, pesce spada, squalo, cernia, marlin) che sono maggiormente a rischio di contaminazione e di accumulo.
I ricercatori ipotizzano poi che, almeno fino a certe quantità, le sostanze benefiche presenti nel pesce siano in grado di compensare gli effetti negativi delle sostanze tossiche, pertanto la quantità di 3-4 porzioni alla settimana durante la gravidanza sembra essere l’ideale per promuovere lo sviluppo del bambino senza metterlo in pericolo per il contenuto di mercurio. 

 

Fonti / Bibliografia

Le informazioni contenute in questo sito non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto fra professionisti della salute e l’utente. È pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o specialisti.

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