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Sembra una banale influenza ma non lo è. L’infezione da citomegalovirus (CMV), presa in gravidanza, può causare danni anche seri al sistema nervoso centrale del bebè, con malformazioni visibili, ritardo mentale, sordità congenita o corioretinite (una malattia della retina che provoca cecità).
È un’infezione molto comune
Il citomegalovirus in gravidanza è pericoloso, fuori da questo periodo no. Si tratta infatti di un agente infettivo molto comune, tanto che il 60-80% degli adulti presenta anticorpi specifici. Ciò significa che queste persone hanno contratto l’infezione in passato, spesso senza saperlo perché la malattia può passare inosservata e non dare disturbi. In altri casi, invece, viene scambiata per un malanno di stagione, a causa dell’aspecificità dei sintomi (febbricola, stanchezza e malessere generale, mal di gola, linfonodi ingrossati).
Servono esami per sapere se si è a rischio
Per sapere se si rischia di prendere il citomegalovirus in gravidanza e quindi se si possiedono gli anticorpi anti-CMV, prima del concepimento o all’inizio della gravidanza viene prescritto un test del sangue, insieme ai normali controlli, attraverso il quale vengono misurati gli anticorpi specifici, detti immunoglobuline. Se gli anticorpi IgM risultano positivi l’infezione è in atto. Se gli anticorpi IgG sono negativi, siamo in presenza di un’infezione primaria (la più pericolosa). Se invece anche le IgG sono positive, viene eseguito il cosiddetto “test di avidità”, che permette di sapere se l’infezione è avvenuta nei 3 mesi precedenti o prima: nel secondo caso, i rischi si abbassano all’1% circa. L’amniocentesi verifica se anche il feto è stato infettato.
Che cosa fare se si è contagiate
Se è confermata l’infezione primaria da citomegalovirus, la donna viene indirizzata a una struttura specializzata, dove le verranno somministrate immunoglobuline specifiche, che abbattono il pericolo di trasmissione del virus al feto o lo aiutano a combattere la malattia. Cominciando il trattamento in gravidanza e continuandolo dopo la nascita, insieme al trattamento antivirale, si possono ridurre al minimo i danni e bloccare il virus.