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Non sempre le cisti ovariche causano sintomi. Ecco perché può succedere che vengano scoperte per caso, durante controlli di routine o eseguiti per altri disturbi. In ogni caso, il percorso da seguire poi non cambia.
Ce ne sono di 4 tipi
Le cisti ovariche sono formazioni rotondeggianti, contenenti materiale liquido o semi solido, che compaiono sulla superficie o nei tessuti interni delle ovaie. Gli esperti ne distinguono quattro tipi fondamentali:
cisti follicolari, che si formano in seguito alla mancata rottura del follicolo, la struttura cava che si trova nell’ovaio e che si rompe per far fuoriuscire la cellula uovo pronta per essere fecondata;
cisti luteiniche, che derivano dalla trasformazione in ciste del corpo luteo. Quest’ultimo è la struttura che rimane sulla superficie dell’ovaio una volta che il follicolo si è rotto e che è destinata ad atrofizzarsi fino a scomparire;
cisti endometriosiche, che derivano dall’endometriosi, una malattia caratterizzata dalla diffusione di alcune cellule dell’endometrio (il rivestimento interno dell’utero) in sede anomala, come nell’ovaio;
ovaio policistico, un aumento dell’ovaio accompagnato dalla formazione di tante piccole cisti sulla sue superficie (esterna e interna).
Dal ginecologo per visita ed ecografia
In caso si sospetti la presenza di cisti ovariche è bene rivolgersi al ginecologo. Lo specialista esegue innanzitutto una visita, per ispezionare l’addome, le pelvi, il seno, i linfonodi. In questo modo può capire se c’è qualcosa che non va. Per avere la certezza, richiede quasi sempre un’ecografia transvaginale. Si tratta di un esame molto semplice: in pratica, consiste nell’introduzione nella vagina di una piccola sonda cosparsa di gel lubrificante che emette ultrasuoni. Questo permette all’operatore di vedere su uno schermo l’apparato genitale femminile interno. Rispetto all’ecografia pelvica classica, è forse leggermente più fastidiosa, ma non necessita di avere la vescica piena e permette di raccogliere un maggior numero di informazioni. L’ecografia può essere abbinata anche alla tecnica eco-color-doppler, che misura il flusso del sangue nella zona interessata. Ciò consente di capire l’origine della cisti.
Nei casi dubbi la laparascopia
Può capitare che sia necessario eseguire ulteriori accertamenti. Innanzitutto, il ginecologo può prescrivere una laparoscopia, che è una metodica diagnostica e curativa insieme. In pratica, attraverso tre piccole incisioni nell’addome, si introduce una sonda ottica che permette di visualizzare le ovaie ed eventualmente di asportare le piccole cisti.
Talvolta la risonanza magnetica
Più raramente, si richiede una risonanza magnetica o Rm. È una moderna tecnica diagnostica che fornisce immagini dettagliate del corpo umano. Prevede l’utilizzo di uno speciale macchinario che emette onde radio e campi magnetici al corpo della persona, inserito in un grande magnete: i dati vengono trasformati da un computer in immagini anatomiche delle porzioni analizzate, visualizzate attraverso un monitor.
Più raramente la Tac
La Tac è un esame diagnostico che si basa sull’uso di raggi X. Lo svolgimento è relativamente semplice. La persona viene invitata a stendersi su un lettino e a rilassarsi, riducendo al minimo i movimenti. Il lettino viene fatto scorrere di un’apposita apparecchiatura, mentre un tubo, fonte dei raggi X, ruota attorno alla parte da esaminare e raccoglie, attraverso un particolare sistema elettronico di registrazione, centinaia di immagini. Le immagini vengono poi elaborate da un apposito programma informatico e ricostruite in maniera tridimensionale.
Anche durante la gravidanza
È possibile che una donna rimanga incinta e allo stesso tempo manifesti una o più cisti. Non sempre, infatti, la presenza di cisti ostacola il concepimento. In questo caso, la diagnosi si basa quasi sempre sull’ecografia: Tac e Rm sono sconsigliate, se non strettamente necessarie.