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Può rimanere stabile, migliorare o, in qualche caso, peggiorare. Così può essere l’andamento dell’asma in gravidanza, ma non esiste nulla che possa far prevedere che cosa accadrà. Di certo si sa solo che anche le donne che sono interessate dal disturbo possono affrontare bene la gestazione, il parto, l’allattamento e dare alla luce un bimbo sano. A patto, però, di attenersi alle indicazioni che permettono di controllare il disturbo al meglio, anche rispetto alla prevenzione delle crisi respiratorie.
Quando i bronchi sono troppo sensibili
L’asma è una malattia caratterizzata da un’ipersensibilità dei bronchi verso sostanze che, in assenza del problema, non sollecitano alcuna reazione. Questa ipersensibilità ha come conseguenza un restringimento del lume dei bronchi stessi: da qui la difficoltà dell’aria di raggiungere i polmoni. È attraverso i bronchi, infatti, e più di preciso grazie alle loro diramazioni più sottili, i bronchioli, che l’aria che si respira raggiunge gli alveoli polmonari, dove il sangue cattura l’ossigeno con cui nutre le cellule di tutto l’organismo.
Quali sono i campanelli d’allarme dell’asma in gravidanza
I sintomi dell’asma o, meglio, degli attacchi più o meno frequenti con cui si manifesta, sono talmente tipici da permettere spesso di fare diagnosi semplicemente osservandoli. Ecco quelli più comuni:
- respirazione difficoltosa e affannosa (dispnea);
- tosse stizzosa e secca (può anche non comparire);
- respiro accompagnato da un sibilo (wheezing).
I fattori responsabili
Gli agenti che possono scatenare l’attacco d’asma sono numerosi. Tra quelli più comunemente implicati ci sono gli acari della polvere e i pollini. Inoltre, possono causare l’attacco i virus respiratori, compreso il rinovirus che provoca il raffreddore, il freddo intenso, alcune medicine, tra cui l’aspirina (acido acetilsalicilico).
Come si può scoprire l’asma in gravidanza “fai-da-te”
Per accertarsi che si tratti proprio di asma, oltre all’osservazione dei sintomi, si può inalare durante la crisi, su indicazione del medico, un broncodilatatore: se i sintomi scompaiono significa che è asma. A conferma vengono, in genere, prescritti esami del sangue per il conteggio degli eosinofili, globuli bianchi il cui aumento si verifica proprio in caso di asma, e la misurazione dei livelli di IgE, anticorpi presenti nel sangue di chi è colpito da allergia. L’eventuale presenza di IgE indica, dunqu,e che l’asma è di origine allergica.
Alla ricerca delle cause dell’asma
L’asma è una malattia “multifattoriale”: quanti più fattori favorenti sussistono, tanto più è alto il rischio di diventare asmatici. Ecco i fattori di rischio più comuni:
- familiarità per asma o allergie;
- ripetute infezioni respiratorie, specialmente nell’infanzia (bronchiti, raffreddori, polmoniti);
- esposizione massiccia e frequente ad allergeni, ovvero a sostanze che scatenano allergie, come per esempio i pollini; obesità;
- dermatite atopica o rinite stagionale.
Che cosa succede con l’asma in gravidanza
Secondo i dati dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) circa un terzo delle donne in attesa interessate dall’asma va incontro a un peggioramento della malattia, mentre nei restanti casi il problema rimane stabile o, addirittura, può avere un’evoluzione positiva. Si è osservato, inoltre, che in risposta alle fluttuazioni ormonali che caratterizzano la gravidanza, il primo e l’ultimo mese sono i meno a rischio per la comparsa degli attacchi, mentre il più delicato è il periodo che va dal quarto all’ottavo mese. Per quanto riguarda il travaglio e il parto, solo il 10 per cento delle donne può presentare difficoltà respiratorie in questi momenti, mentre nella maggior parte dei casi, dopo tre mesi dal parto, un asma peggiorato in gravidanza va incontro a un miglioramento, eventualmente ritornando allo stadio in cui era prima che la neomamma rimanesse incinta.
Quali rischi si corrono se non si cura l’asma in gravidanza
Un asma non controllato può esporre il bambino a un deficit di ossigenazione che può impedire che la sua crescita avvenga in modo armonico. Inoltre, incrementa il rischio che la futura mamma vada incontro alla pre-eclampsia, la severa malattia della gravidanza caratterizzata da aumento della pressione del sangue e alterazione della funzionalità dei reni. Per finire, comporta il pericolo che il parto avvenga prima del termine e aumenta le probabilità che il bambino nasca sottopeso.
Cosa succede dopo il parto
Le mamme colpite da asma possono allattare i loro bambini, senza per questo dover interrompere l’assunzione dei farmaci. Anche in allattamento è d’obbligo affidarsi alle indicazioni dello pneumologo per la cura più adeguata.
Quali farmaci prendere per l’asma in gravidanza
La tentazione di sospendere i farmaci subito dopo aver scoperto di essere incinta è comune tra le future mamme colpite da asma e nasce dal timore che le medicine possano nuocere al bambino. Invece, da tempo è stato dimostrato che i vantaggi che derivano dal continuare le cure sono di gran lunga superiori ai rischi potenziali cui viene esposto il bambino, assumendo le medicine. Di fatto, il deficit di ossigenazione cui potrebbe trovarsi esposto il bambino, se l’asma non viene controllato, rappresenta il massimo del pericolo che si può correre durante la gravidanza. Per tutti i nove mesi la terapia con i farmaci deve, quindi, assolutamente proseguire, sulla base delle indicazioni dello pneumologo, che è lo specialista di riferimento per l’asma.
In generale, ecco le medicine considerate sicure in gravidanza, secondo la tabella dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco).
Per la terapia di fondo (per mantenere la malattia stabile)
- Corticosteroidi per inalazione (principi attivi: budesonide; beclometasone; fluticasone);
- beta2-agonisti a lunga durata (principi attivi: salmeterolo; formoterolo);
- corticosteroidei per uso orale (principi attivi: prednisolone; prednisone; metilprednisolone);
- cromoni per inalazione (principio attivo: sodio cromoglicato);
- metilxantine a lento rilascio (principio attivo: teofillina).
In caso di crisi asmatica (per ristabilire la respirazione corretta)
- Beta 2-agonisti a breve durata d’azione (principio attivo: salbutamolo);
- anticolinergici inalatori (principio attivo: ipratropio bromuro);
- melixantina a breve durata d’azione (principio attivo: aminofillina);
- adrenalina.
Gli esami da fare per l’asma in gravidanza
Fa parte delle strategie per la gestione dell’asma in gravidanza la valutazione della funzionalità respiratoria che si esegue attraverso due indagini specifiche: la spirometria e la misura del picco di flusso espiratorio (Pef).
La spirometria
Serve a valutare l’efficienza dell’apparato respiratorio. Si esegue utilizzando un apparecchio computerizzato collegato a una sorta di boccaglio, nel quale si deve soffiare con la massima energia per un minimo di sei secondi di seguito. L’indagine non provoca alcun fastidio.
La misurazione del Pef
Valuta la velocità con cui l’aria introdotta nei polmoni, durante un’inspirazione il più possibile profonda, viene buttata fuori soffiando al massimo delle proprie possibilità. Viene eseguita usando uno strumento semplicissimo, detto appunto “misuratore di flusso” e non provoca alcun tipo di disagio.
Fonti / Bibliografia
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