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La provocazione arriva dal nord Europa, più precisamente dalla Svezia, dove da qualche anno è stato introdotto un nuovo metodo di inserimento al nido o all’asilo: 3 giorni in tutto. In pratica, il genitore sta insieme al bambino per 3 giorni, e tutto il giorno, partecipando con il piccolo a tutte le attività dell’asilo. In Italia, invece, l’inserimento è graduale e dura in genere due settimane. E non mancano le polemiche.
Un diverso approccio alla vita
Non è un caso che la provocazione arrivi dalla cultura nord europea, cioè dell’indipendenza, e abbia creato vive discussioni proprio nel nostro Paese, noto per essere al contrario un Paese dove i figli restano “bambini” fino all’età adulta. D’altronde, i ragazzi nord europei a 16 anni girano il mondo con lo zaino in spalla, mentre quelli italiani spesso e volentieri vanno ancora in vacanza con mamma e papà. “Il tipo di inserimento racconta l’approccio alla vita – dice Alessandro Manieri, psicologo dell’età evolutiva a Milano -. L’inserimento seguito in Italia non è, però, la causa del mammismo, ma l’effetto di un modello educativo basato sulla non indipendenza”.
Così aiuta più i genitori dei bambini
L’ingresso al nido o all’asilo rappresenta la prima separazione tra mamma e bambino. E il distacco è un’importante tappa della crescita. Prosegue Manieri: “L’inserimento al nido o all’asilo è fondamentale perché non si può lasciare il bambino in modo brusco. Ma temo che l’inserimento come è codificato attualmente nel nostro Paese rischi di servire più ai genitori che ai figli”. In realtà, il programma varia a seconda della struttura, ma in genere, in Italia, l’inserimento prevede due settimane durante le quali un genitore accompagna il piccolo in classe per farlo adattare in modo graduale al nuovo ambiente e sta con lui inizialmente per qualche ora e poi, via via, sempre di meno, fino a lasciarlo del tutto alle cure dell’educatrice. L’inserimento nord europeo, invece, prevede che il genitore stia con il bambino tutto il giorno e per tre giorni e che si occupi di lui a 360°. Al quarto giorno però il genitore porta il bambino all’asilo, lo saluta e torna a casa.
Più utile il modello svedese
Un bambino piccolo è sensomotorio, ciò vuol dire che per lui ciò che vede è anche presente, ciò che non vede non è presente. “Mi spiego – continua ancora Manieri -. Un bambino con meno di 24 mesi non cerca ciò che sparisce dal campo visivo e non pensa che possa essere da un’altra parte, semplicemente perché non è in grado di rappresentarlo mentalmente in sua assenza. Quindi, il genitore deve andare via e non tornare indietro: lui subito piangerà ma dopo qualche minuto smetterà perché non lo vede più. L’inserimento al nido o all’asilo di tipo progressivo, con una provocazione, direi che serve più al genitore che al bambino, perché è insicuro e quindi ha bisogno di lasciare il piccolo un po’ alla volta e ha spesso sensi di colpa che creano tensione perché lascia il figlio ad altre persone che devono soddisfare i suoi bisogni. Ma questo atteggiamento non è efficace per il bambino, mentre lo è un metodo come quello nord europeo, perché il genitore partecipa con il bambino alle attività ed è rassicurato perché lo vede”.
Qualche consiglio
1. Lasciare il bambino in modo netto e poi allontanarsi definitivamente; non tornare indietro o spiarlo di nascosto perché potrebbe accorgersene e rimettersi a piangere.
2. Se il piccolo piange, non bisogna farsi impietosire perché gli addii strazianti non sono benefici: dopo qualche minuto il piccolo si sarà già dimenticato del genitore e smetterà di piangere.
3. Prima di andare via tranquillizzarlo, dicendogli che si tornerà a prenderlo presto.
4. Ricorrere a qualche rinforzo verbale positivo, per esempio dirgli che si sta andando in un bel posto dove ci sono tante belle cose da fare.
5. Non criticare l’ambiente o le maestre ad alta voce in presenza del bambino.