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Scuola conclusa, iniziano le vacanze e i giorni spensierati. Molti ragazzi però e i loro genitori dovranno affrontare il problema e il disagio psicologico della bocciatura. La questione riguarda, nella stragrande maggioranza dei casi, chi frequenta le scuole medie e le superiori. I dati del Miur, il ministero dell’Istruzione, rivelano un aumento negli ultimi anni degli studenti bocciati, in particolare di quelli dei licei e degli istituti professionali. Per capire come aiutare genitori e figli abbiamo intervistato Silvia Negri, pedagogista di PLAS – Periplo Laboratorio Apprendimenti Strategici di Milano.
Difficile che una bocciatura arrivi come un fulmine a ciel sereno. In genere segnali premonitori ce ne sono, eccome. A volte i ragazzi possono reagire in maniera spavalda, nascondendo la frustrazione e vantandosi del risultato ottenuto come se fosse una sfida nei confronti della scuola e della famiglia. I genitori come dovrebbero comportarsi in questo caso?
È importante partire dal presupposto che questi ragazzi, anche se mostrano orgoglio, sono comunque reduci da un insuccesso in uno degli ambiti più significativi della loro vita: la scuola. Mostrarsi supponenti è un modo per dire: “Sono forte e non mi piego alla volontà degli adulti”. La spavalderia, però, è un modo di reagire meno pericoloso rispetto al disinvestimento. In questo caso l’insuccesso scolastico non viene nemmeno percepito dal ragazzo bocciato. Ecco perché non si interroga sulle cause. Il problema è capire dove siano finite le sue capacità d’investimento e la sua voglia di imparare. Questo comportamento è molto più grave di qualsiasi bocciatura a scuola. Spingere sulla motivazione all’apprendimento è la sfida più difficile.
I genitori devono sforzarsi di avere un atteggiamento di accoglienza e di comprensione. Sembrerà banale ma dire: “Mi dispiace per te” è fondamentale. Restituisce al ragazzo centralità nel suo percorso scolastico e lo responsabilizza. Spesso i genitori s’identificano con il figlio al punto da sentirsi bocciati essi stessi. Gli ambiti vanno invece separati cercando però di comprendere lo stato d’animo del ragazzo. In genere i primi comportamenti sono recriminatori, punitivi e c’è chi prende posizione per il figlio scontrandosi con la scuola. In questo modo non si aiuta nessuno, tanto meno il ragazzo. Bisogna invece cercare di riconoscere quello che ci sta dietro. Non servono grandi discorsi, ma comunicare che si è presenti e vicini, e che in qualsiasi momento si è disponibili a parlare. Tutto ciò tenendo conto che il processo di elaborazione di un fallimento così grosso può richiedere tempi lunghi, silenzi e negazione di quanto accaduto.
La delusione di un genitore deve essere espressa o taciuta?
È normale che un genitore sia deluso, ma, a mio parere, al figlio bisogna manifestare dispiacere, non delusione, che invece andrebbe elaborata solo fra adulti. Anche se fosse il ragazzo a chiederlo esplicitamente. È molto meglio sostituire un “sono triste e dispiaciuto” a frasi del tipo “mi hai deluso o mi hai ferito”. Lavorando con i ragazzi che hanno vissuto una bocciatura a scuola, mi sono resa conto che per loro sopportare anche la delusione delle aspettative dei genitori è troppo.
Quando e come bisogna ricorrere a uno specialista?
Quando il silenzio o l’ostinazione del ragazzo a riconoscere il problema si prolunga per troppo tempo. Soprattutto davanti a una tristezza estrema, a segnali depressivi o a reazioni di rabbia eccessiva è utile consultare uno psicologo a cui può rivolgersi prima l’adulto per capire come aiutare il figlio e poi, se necessario, il figlio stesso.
Davanti a una bocciatura a scuola bisogna sempre evitare di andare a caccia dei colpevoli. Quello che va fatto invece è fare un bilancio di come è andato tutto l’anno scolastico, di come si è arrivati alla bocciatura, di quali sono stati i punti di svolta più significativi. Coinvolgere il ragazzo nell’individuare i punti di forza e quelli di fragilità significa responsabilizzarlo concretamente e non solo attraverso discorsi più o meno moralistici. Prima di tutto – insisto – bisogna renderlo consapevole di quanto è successo.
Il pedagogista come aiuta il ragazzo?
La cosa migliore è intervenire durante l’anno, quando insorgono i problemi, così si ha la possibilità di prevenire la bocciatura. Dopo aver visto i genitori per un colloquio iniziale, i nostri percorsi durano in genere un quadrimestre. Il lavoro consiste nell’insegnare al ragazzo a pianificare e organizzare lo studio fino all’approccio ai testi: come si ricavano le informazioni, come le si memorizza, come le si riespone, come si affrontano le verifiche. Succede spesso che i ragazzi vadano male nei compiti in classe anche perché non leggono tutte le domande, magari entrano nel dettaglio di un esercizio, ma non hanno una visione d’insieme. Noi insegniamo ai ragazzi un metodo.
E se si rilevano disturbi dell’apprendimento o segnali della sindrome da deficit di attenzione e iperattività?
In questo caso ci sono interventi mirati, ma qui entriamo in un altro ambito. Premesso che non si tratta di un deficit intellettivo, come pensano purtroppo molti genitori, ma di disturbi (dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia) che andrebbero diagnosticati il più precocemente possibile, nel corso della scuola elementare. Come anche la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), prima la si individua e prima si possono avviare gli interventi più opportuni.
Per capire le cause della bocciatura e decidere come intervenire nel futuro, non crede che sia utile confrontarsi con gli insegnanti, parlando direttamente con loro e facendo partecipare a questi incontri anche il ragazzo bocciato e i suoi genitori?
Sarebbe la cosa ideale, ma ci vuole una grande capacità da parte di tutti gli adulti per evitare di trasformare quel momento di incontro in una sorta di processo al ragazzo. Se si condivide l’obiettivo di aiutarlo a comprendere cosa gli è successo, a sentirsi responsabile del suo apprendimento e a guardare al futuro con fiducia, allora si possono ottenere risultati importanti.
Fonti / Bibliografia
- Disturbi specifici dell'apprendimento – PLAS – Servizio di consulenza, certificazione e progettazione educativa per i disturbi specifici dell'apprendimentoPLAS: ESPERIENZA E COMPETENZA PER I DSA PLAS è il laboratorio specializzato in disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). PLAS, per questo, può essere considerato un luogo per bambini, famiglie e insegnanti che “fanno fatica a scuola”. Nasce come servizio di supporto e intervento sulle difficoltà scolastiche e DSA. È attivato da Periplo, studio di