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Da alcuni giorni è stata lanciata una petizione attraverso cui viene chiesto al Governo italiano di emanare una legge che vieti l’uso dello smartphone prima dei 14 anni di età e il possesso di un profilo social prima dei 16 anni di età. Ne sono promotori e primi firmatari due autorevoli nomi della nostra pedagogia: il dottor Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva, scrittore, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Bio-Mediche dell’Università degli Studi di Milano, dove si occupa di Educazione alla salute e Prevenzione in età evolutiva e il dottor Daniele Novara, pedagogista, scrittore, fondatore e direttore del CPP (Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti).
Il documento è già stato sottoscritto da docenti, esperti di educazione, medici, scrittori e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo tra cui Paola Cortellesi, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini e Luca Zingaretti che non a caso sono genitori.
Problemi di salute negli adolescenti e abuso di tecnologia
Per lanciare una petizione e, soprattutto, sperare che venga presa in considerazione dal Parlamento a cui viene presentata dopo la raccolta delle firme è necessario che le ragioni su cui si fonda abbiano enorme rilevanza per la comunità. Quali sono le motivazioni che stanno alla base della richiesta? <<Abbiamo evidenze cliniche che esista una correlazione tra precisi problemi di salute degli adolescenti e uso/abuso della tecnologia, in particolare degli smarthphone e delle piattaforme social>> afferma il dottor Alberto Pellai. <<Non si tratta più solo di una questione strettamente educativa, ma di salute pubblica: gli adolescenti sono esposti a rischi concreti che riguardano il loro equilibrio psicoemotivo>>. Il dottore continua spiegando che nei ragazzini che utilizzano in modo continuativo i vari strumenti tecnologici si riscontrano più di frequente sintomi che sono espressione inequivocabile di un disagio importante, quindi li elenca:
- attacchi d’ansia
- irritabilità
- depressione
- sbalzi d’umore
- alterazione del sonno (difficoltà ad addormentarsi e risvegli notturni)
- difficoltà di concentrazione e di mantenimento dell’attenzione
- addiction, cioè sviluppo di una vera e propria dipendenza che causa crisi di astinenza e desiderio compulsivo di non staccarsi mai dallo smartphone.
Non tutti i genitori riescono però a mettere in relazione le varie manifestazioni di fatto allarmanti con il telefonino, ma anche le madri e i padri che, al contrario, sono convinti della sua piena responsabilità non sanno che fare, che strategie adottare, come difendere i figli dall’insidia che rappresenta. Si sentono impotenti e, naturalmente, colpevoli in quanto lo smartphone, con le sue svariate applicazioni, sono loro ad averlo regalato ai figli.
Un gesto provocatorio per sensibilizzare
<<La petizione va considerata una provocazione, non già fine a sé stessa, ma che ha l’obiettivo di far riflette coloro che si occupano di adolescenti sulla necessità di regolamentare in maniera rigida l’impiego dello smartphone, anche arrivando a vietarne l’uso fino a quando i minori non abbiano raggiunto un’età, i 14 anni per il telefonino e i 16 anni per aprire un profilo social, che li renda meno vulnerabili nei confronti dei rischi a cui espongono questi mezzi, primi tra tutti la disconnessione con il mondo reale e l’isolamento sociale>> afferma il dottor Pellai, sottolineando a proposito dell’isolamento sociale che non è raro imbattersi in gruppetti di adolescenti che, anziché interagire, tengono la testa china sui cellulari, indifferenti alla possibilità di uno scambio diretto, faccia a faccia, dal vivo.
<<Voglio precisare>> prosegue Pellai <<che molti governi si sono già attivati per porre limiti all’uso dello smartphone tra i minori, perché gli indicatori relativi alla salute mentale degli adolescenti raccontano una realtà allarmante in tutti gli Stati. Anche noi ci siamo allineati: Giuseppe Valditara, il nostro ministro dell’Istruzione e del Merito, con una circolare da quest’anno ha imposto di bandire il cellulare non solo nella scuola primaria ma anche nella scuola secondaria di primo grado, quindi fino ai 14 anni>>. Come per lo sharenting, l’Italia ha intrapreso la strada già imboccata da molti Stati, tra cui Svezia, Norvegia, Finlandia, Olanda, Francia, Spagna, Gran Bretagna, dove da molto più tempo si è ben radicata l’idea che nell’infanzia e per buona parte dell’adolescenza la tecnologia sia usata in modo così acritico e compulsivo da influire in modo negativo sullo sviluppo emotivo, mentale, sociale e fisico.
Tutto vero e incontestabile, ma a livello pratico come possono i genitori rimandare l’acquisto dello smartphone per i loro figli adolescenti quando il gruppo dei pari lo possiede? In realtà si tratta di una presa di posizione estremamente ardua e quasi impossibile da mantenere, anche per il timore che il figlio venga giudicato un reietto e quindi escluso. <<La soluzione c’è>> assicura il dottor Pellai <<ed è rappresentata da un patto che i genitori sono chiamati a stringere tra loro. Se tutti i genitori di una stessa classe, di una stessa comitiva di coetanei si accordano per non acquistare il cellulare, nessun ragazzino si sentirà emarginato, sfortunato, spaesato, disorientato. La chiave è questa: usarla significa porre rimedio a quella che può ormai essere definita, senza paura di esagerare una, minaccia concreta che espone a gravi rischi le nuove generazioni>>.
I patti digitali: il vademecum per un uso sano della tecnologia
Su pattidigitali.it si trova un manifesto, creato da un gruppo di ricercatori, educatori, pedagogisti, pensato per promuovere la nascita di accordi di comunità per un uso sano della tecnologia da parte dei minori. Nel sito ci sono vari esempi di patti già sottoscritti da gruppi di genitori e istituzioni e tutte le indicazioni per crearne di nuovi, anche avvalendosi dell’aiuto degli esperti delle Università e delle Associazioni che hanno dato vita all’iniziativa. Rivolto a genitori, insegnanti, educatori e a chiunque altro comprenda l’importanza di stringere alleanze volte a tutelare i minori dai potenziali danni che può produrre un utilizzo errato degli strumenti digitali, persegue i seguenti principi:
- Sì alla tecnologia, ma solo nei tempi giusti
- Educare allo sviluppo del senso critico nei confronti dei contenuti digitali
- Fissare regole chiare (per esempio relative al tempo di utilizzo della tecnologia e alla scelta dei contenuti) e farle rispettare
- Favorire la consapevolezza dei genitori circa i rischi della tecnologia, responsabilizzarli, supportarli nella selezione delle regole.
- Far comprendere la necessità di un’alleanza tra figure adulte per dare ai ragazzi gli strumenti per un uso corretto e sano della tecnologia.
Il parere di Paolo Crepet: l’importanza di porre limiti ai figli
Paolo Crepet si dice d’accordo con l’iniziativa, in quanto appunto, come sostenuto da Alberto Pellai, è un segnale forte da lanciare ai genitori per richiamare la loro attenzione sull’urgenza di porre dei limiti all’uso smodato della tecnologia che attualmente ne viene fatto dalla maggior parte dei ragazzini. <<Bisogna arrivare al proibizionismo perché incredibilmente i genitori non sanno dare indicazioni chiare sull’impiego della tecnologia>> afferma il popolarissimo psichiatra. <<Voglio sottolineare che chi possiede l’automobile e la sa guidare non per questo la utilizza 24 ore al giorno…Ecco dovremmo tenerlo a mente quando parliamo di smartphone: un ragazzo può anche possederlo ma non può essere autorizzato a usarlo come meglio crede, per tutto il tempo che vuole. E torniamo alla spinosa questione delle regole che i genitori non sanno più imporre ma che sono necessarie, anzi vitali>>.
Non si può dargli torto, tuttavia quanto sostiene è molto semplice in teoria, molto più difficile da attuare. Se mai passasse una legge che vieta il telefonino fino ai 14 anni, cosa accadrebbe nelle famiglie? Come potrebbero arginare i genitori le proteste e le ribellioni dei figli privati dello smartphone ormai considerato un diritto acquisito?
<<Se togli qualcosa devi risarcire con altro>> dice Crepet. <<In cambio del cellulare i genitori devono offrire ai figli opportunità di vivere la vita vera, divertendosi, emozionandosi, provando la gioia di stringere amicizie, di frequentare i coetanei, di giocare all’aperto, di fare sport, di misurarsi con i cari vecchi giochi da tavola che, in assenza della tecnologia, possono appassionare anche le nuove generazioni. Certo è più faticoso, più impegnativo di quanto non lo sia concedere illimitatamente telefonino e social, che riempiono sì le ore dei ragazzini, purtroppo però scavando dentro di loro un vuoto. Alto è lo scotto che si paga per essere tolti dall’impiccio di preoccuparsi di organizzare loro il tempo libero>>. Poi Crepet sottolinea, confermando la tesi di Pellai, che il rischio più grosso a cui i ragazzini sono esposti è l’isolamento che investe non solo l’ambito sociale ma anche quello sensoriale.
<<Gli strumenti digitali sono finzione: tutto è falso, artefatto, dai rumori alle immagini ai contatti via chat. E spesso sono menzogneri i profili in cui i minori si imbattono nelle piattaforme social. Non è difficile immaginare in quali trappole può cadere un ragazzino>>. A questo si aggiunge che i giovanissimi, proprio per la loro età acerba, tendono a non essere in grado di giudicare correttamente il valore delle informazioni che provengono da fonti digitali ed è questa un’ulteriore insidia, insieme allo spettro di sviluppare dipendenza dalla tecnologia e la pericolosa convinzione che sia possibile ottenere tutto e subito, come di fatto avviene online.
In tal modo ai giovanissimi viene impedito di allenarsi alla vita vera, di misurarsi con rapporti affettivi reali (amicizia e, in adolescenza, anche amore), basati su esperienze autentiche. E a chi teme che privarli della tecnologia possa destabilizzarli cosa si può obiettare? <<Ho cresciuto quattro figli>> racconta il dottor Pellai, <<Due maschi e due femmine, nessuno di loro ha avuto il telefonino prima dei 14 anni e il permesso di frequentare i social prima dei 16 e vi assicuro che sono sopravvissuti benissimo>>. Niente di meglio che l’esperienza maturata sul campo può rassicurare.
La petizione da firmare
Per aderire all’iniziativa e richiedere lo stop a smartphone e social per i minori rispettivamente di 14 e di 16 anni basta cliccare qui. Non esiste un numero minimo di firme da raccogliere per poter presentare una petizione, tuttavia va da sé che più sono i firmatari più la richiesta ha peso. Le petizioni devono essere inviate al Presidente del Senato e della Camera e non possono essere inoltrate per soddisfare l’interesse di un singolo cittadino. Il riferimento normativo è dato dall’articolo 50 della Costituzione, che afferma quanto segue: Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità. Una petizione giunta al Senato che richiede provvedimenti legislativi evidenziando comuni necessità, dà al Presidente ha facoltà di disporre che venga accertata la sua autenticità e la qualità di cittadino del proponente. Dopodiché un’apposita Commissione decide se prenderla o meno in considerazione.