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Nata nell’ormai lontano 1998, questa giornata vuole ricordare come la gentilezza sia una qualità etica di grande importanza: promuove infatti l’attenzione e il rispetto verso il prossimo, la cortesia nei piccoli gesti quotidiani, la cura e la pazienza. È un modello di comportamento che fa vivere meglio con gli altri e con se stessi e che consente di rendere il mondo migliore di quanto non sia.
Concetti, questi, che anche i bambini possono comprendere e fare propri se vengono educati in tale direzione: la Giornata della Gentilezza rappresenta infatti un’ottima occasione per spiegare ai piccoli in modo semplice, ma soprattutto attraverso gesti che li coinvolgano in maniera diretta, quanto possa essere bello comportarsi con educazione verso gli altri. Tenendo sempre conto che insegnare ai bambini la gentilezza è un percorso lungo che richiede tempo, pazienza ma soprattutto l’esempio da parte degli adulti.
A cosa serve una giornata sulla gentilezza
La Giornata della Gentilezza è nata per volere del World Kindness Movement, il Movimento mondiale per la Gentilezza. L’obiettivo della giornata è quello di spingere ognuno a guardare oltre se stesso rendendosi conto che in quanto cittadini, ma prima di tutto in quanto uomini, tutti hanno luoghi pubblici da curare, animali da proteggere, un sistema da conservare e soprattutto persone, conosciute o meno, vicine o lontane, da accogliere e valorizzare. Il concetto chiave a supporto della ricorrenza è proprio quello che se vogliamo che il mondo sia un posto ospitale comportarsi con gentilezza è la prima strada da percorrere.
Come spiegare la gentilezza ai bambini
«La gentilezza è un valore che anche i bambini sono in grado di comprendere e di praticare» spiega l’educatrice milanese Elena Brusoni. «E la Giornata Mondiale della Gentilezza può essere un’ottima occasione per coinvolgerli in modo diretto sul tema. Quello che conta come sempre con i più piccoli è non limitarsi a spiegare la gentilezza come un concetto astratto ma cercare di tradurla nel concreto, di inserirla nel contesto in cui i bambini vivono, così che anche per loro diventi facile, e a poco a poco automatico, metterla in pratica. Se diciamo ad esempio che la gentilezza è fare piccoli gesti che possono essere di aiuto per gli altri possiamo fare l’esempio che gentilezza è prestare un giocattolo a un amico piuttosto che la gomma al compagno, tenere la porta aperta a qualcuno, cedere il posto in metropolitana. Se diciamo che la gentilezza è amicizia, pazienza, ascolto possiamo suggerire ai bambini alcuni comportamenti pratici come quello di far entrare nel gioco un compagno che resta sempre in disparte oppure ascoltare una compagna e consolarla quando per una qualsiasi ragione piange. Possiamo anche dire ai bambini che la gentilezza può tradursi semplicemente nel fare un sorriso e suggerire loro di cominciare a farlo proprio nel giorno che celebra la gentilezza; ma possiamo anche aggiungere che gentilezza è perdonare un compagno che non è stato a sua volta gentile con noi. Sono tanti gli esempi che si possono fare: possiamo spiegare ai bambini che gentilezza è dire grazie quando qualcuno fa qualcosa per noi, ma anche chiedere scusa quando abbiamo fatto qualcosa che non va».
Come educare all’empatia
Educare alla gentilezza rientra in ogni caso in un progetto più ampio che riguarda la riflessione sulle emozioni. «La gentilezza va di pari passo con l’empatia che si sviluppa solo quando i bambini riescono a riconoscere non solo le proprie ma anche le emozioni degli altri» commenta l’educatrice. «Il processo è complesso e può essere supportato dal genitore spingendo i bambini a riflettere sulle emozioni degli altri e su come un loro gesto può cambiarle. Può essere utile, ad esempio, far notare al bambino che un suo amico sta guardando da tempo un suo giocattolo e che forse potrebbe essere gentile prestarglielo. Oppure sottolineare che un’amichetta è triste e che ci si può chiedere cosa si potrebbe fare per aiutarla e così via. Sono piccoli momenti di riflessione che aiutano però i bambini a mettersi nei panni degli altri e a rispettarli». Succede infatti a volte che i bambini reagiscano con comportamenti impulsivi come urlare, strappare di mano un gioco, pestare i piedi e così via: in questo caso non mancano di gentilezza, ma semplicemente non sanno gestire le emozioni in situazioni che creano stress. «Lavorare sulla gentilezza può essere utile in questa direzione affinché, con il tempo, i bambini imparino a regolare meglio le proprie emozioni e capiscano che la rabbia, pur essendo un’emozione come le altre, ha bisogno di essere contenuta per evitare che possa nuocere agli altri e che alla rabbia si può sostituire la gentilezza, anche se questo non sempre è facile e immediato».
Il ruolo fondamentale dei genitori
Leggere favole o racconti dove i protagonisti compiono gesti gentili spinge all’imitazione. Ma l’esempio delle persone concrete vicine al bambino resta sempre il più potente. «Non si può pensare che ci si possa limitare a parlare di gentilezza solo il 13 novembre» spiega l’educatrice. «Educare alla gentilezza è un percorso lungo che richiede di procedere soprattutto attraverso l’esempio dal momento che i bambini imparano più dai comportamenti che dalle parole. Ecco allora che, se vedono i genitori, i nonni, gli adulti di riferimento che si comportano con gentilezza tra loro e con gli estranei, per loro sarà più facile comportarsi con altrettanta gentilezza. Prima lo faranno in modo inconscio e poi quando saranno più grandi decideranno di scegliere consapevolmente di atteggiarsi con gentilezza». Può essere utile quindi che i genitori, oltre a comportarsi con gentilezza, sottolineino ai bambini i loro comportamenti con la parola. Può bastare semplicemente che dicano “hai visto come era contenta quella signora quando le ho lasciato il posto in metropolitana” oppure “che gentile quel signore che ci ha fatto passare sul marciapiede perché andavamo di fretta” e così via. Al tempo stesso può essere molto utile rivolgere apprezzamenti verso i gesti gentili che i bambini spesso compiono soprattutto nei confronti dei loro compagni. Dire “hai visto come era felice Luca quando sei andato a giocare con lui” aiuta a far capire che la gentilezza ha un impatto positivo sugli altri e genera felicità al contrario della scortesia o della rabbia che provocano solo tristezza o generano altra rabbia. Far notare ai bambini gli effetti positivi della loro gentilezza li motiva a continuare a comportarsi allo stesso modo e per di più consente loro di sentirsi apprezzati con un risvolto positivo sull’autostima.
Le attività che richiedono gentilezza
Non è necessario celebrare la giornata della gentilezza necessariamente e solo il 13 novembre. Si può pensare ad esempio di istituire la “giornata della gentilezza in famiglia” che può cadere una volta al mese ma anche di più, volendo. Può essere la giornata in cui tutti in famiglia cercano di aiutarsi nel fare qualcosa oppure si siedono a tavola e parlano senza arrabbiarsi o alzare la voce. Si può anche chiedere ai bambini di pensare a due, tre atti di gentilezza che possono fare nel corso di una settimana, sia abbracciare il fratello più piccolo, apparecchiare la tavola oppure sorridere al bidello quando entrano a scuola: i bambini potranno poi segnare su un tabellone appeso nella loro cameretta il giorno in cui hanno compiuto il gesto e indicare a fianco come ha reagito la persona che lo ha ricevuto. «È un ottimo modo, concreto e ben verificabile, per far capire ai bambini che a gentilezza corrisponde gentilezza» commenta l’educatrice.
L’esempio del dentifricio
Un’idea per la Giornata della Gentilezza è riproporre ai bambini “il metodo dei 30 secondi per dire solo parole gentili” inventato da Natalie Ringold, una maestra del Minnesota. Per farlo serve un tubetto di dentifricio che aiuta nel far capire in modo concreto l’impatto che le parole possono avere sugli altri. Perché ci sono parole gentili che possono far bene e parole poco gentili che possono distruggere. Il primo passaggio è far comprendere ai bambini che per stabilire se un commento è gentile, e quindi lo si può fare oppure non è gentile e quindi va evitato, occorre domandarsi se l’amico, il compagno, l’adulto al quale si rivolgono, grazie a quelle parole, può modificare il suo atteggiamento in meno di 30 secondi. In sostanza, come spiega la maestra, dire a qualcuno che ha una macchiolina sulla maglietta, le scarpe un po’ sporche o magari la zip slacciata è una gentilezza perché la persona può rimediare subito a quello che non va. Ma una persona non può cambiare il proprio fisico, il taglio di capelli o il colore in meno di 30 secondi: per questo non è gentile dire a qualcuno che è grasso, che non è bello oppure che ha un brutto taglio di capelli. Ma a cosa serve il tubetto di dentifricio? A spiegare in maniera concreta l’effetto che le parole poco gentili e i commenti sull’aspetto estetico hanno sulle persone: basta spremere il tubetto dicendo che il dentifricio che ne esce sono le parole poco gentili dei ragazzi e provare poi a far rientrare il dentifricio nella confezione, senza ovviamente riuscirci. Conclusione: quando si fa un commento poco cortese si tenta in genere di scusarsi, di riparare ma non si riesce come non si riesce a far rientrare il dentifricio nel tubetto.