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I geni responsabili del tumore alla prostata sono stati decifrati. Grazie a questa scoperta, sarà possibile mettere a punto farmaci più mirati per combattere questa malattia che oggi colpisce circa 42mila italiani ogni anno. Il tumore della prostata è la neoplasia più frequente nel sesso maschile e rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età. L’anticipazione diagnostica permette un trattamento tempestivo, ma spesso l’identificazione della malattia arriva troppo tardi.
Identificati i geni coinvolti
La mappa genetica messa a punto da ricercatori britannici e americani può aiutare ad anticipare la diagnosi. L’hanno chiamato la “Stele di Rosetta” e consiste in un elenco completo delle mutazioni genetiche coinvolte nello sviluppo di tumore alla prostata metastatico. Grazie al fatto che i geni responsabili del tumore alla prostata sono stati decifrati, si possono personalizzare le cure a seconda delle alterazioni genetiche presenti nel tumore.
Coinvolti anche in altri tumori
I ricercatori hanno raccolto i campioni di 150 malati con carcinomi alla prostata metastatici resistenti ai trattamenti standard. In quasi due terzi, sono state identificate alterazioni di una molecola che interagisce con l’ormone maschile androgeno. Il 20% aveva mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, noti per il ruolo nello sviluppo del cancro al seno e all’ovaio. Studi dell’Institute of Cancer Research e al Royal Marsden di Londra hanno messo in luce che questa categoria di neoplasie alla prostata può essere curata con i medicinali PARP-inibitori. Inoltre sono state individuate mutazioni nuove per il cancro alla prostata, tra cui quelle legate ai geni PI3K e RAF, contro i quali esistono già cure in sperimentazione.
Più facile individuare chi è a rischio
Gli scienziati hanno compiuto un’analisi completa del genoma: i geni responsabili del tumore alla prostata sono stati decifrati ed è emerso che l’8% dei partecipanti era nato con errori del DNA che li predisponevano a sviluppare un carcinoma prostatico. La mappa servirà, dunque, anche a individuare le persone da sottoporre a screening genetico. A differenza di altre forme tumorali, infatti, per queste malattie non esiste un programma di screening di massa. La malattia non ha sintomi specifici e ben definiti. Per questo, molte volte, si arriva a una diagnosi tardiva. Delle 35mila nuove diagnosi che si registrano ogni anno in Italia, circa la metà interessa un uomo ultra60enne.