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Fino a qualche anno fa in pochi parlavano di congedo di paternità. Non si prendeva quasi in considerazione l’ipotesi che i neopapà decidessero, in base alla legge 53 del 2000, di usufruire del congedo parentale. In questi ultimi tempi, però, le cose stanno cambiando. Oggi, in Italia, solo il 6,9 dei padri decide di usufruire del congedo di paternità: pochi rispetto a quanto accade in Paesi come la Germania o la Svezia, ma comunque in continuo aumento. I motivi di questo “distacco”? Prima di tutto una mentalità “maternalista” che, se è vero essere appannaggio delle vecchie generazioni, continua a condizionare anche i nuovi padri; per una valutazione meramente economica: il papà (come la mamma, del resto) che chiede di usufruire del congedo parentale riceve una retribuzione pari al 30 per cento dello stipendio (e spesso lo stipendio femminile è più basso di quello maschile); perché i papà incontrano ancora resistenze nelle aziende in cui lavorano dove non è “usuale”, o comunque “ben visto”, che gli uomini si assentino dal lavoro, prendendo il congedo di paternità, per accudire i figli.
In Germania uno su quattro sta a casa
Molto diverso è ciò che accade in Germania dove la percentuale dei neopapà che chiede il congedo di paternità è vertiginosamente salita dal 3,5% del 2007 al 16% del 2009 fino a raggiungere oggi il 25%. Questi dati sono il risultato di una riforma tedesca del lavoro risalente a cinque anni fa che consente, in linea di massima, di ottenere un totale di 14 mesi (per figlio) di congedo genitoriale in cui viene versato fino al 67% dello stipendio a chi accudisce il bambino. In più, i padri tedeschi che scelgono di beneficiare del congedo parentale dedicano una media di sette ore al giorno alla cura del proprio figlio e, anche se a noi italiani può apparire strano, molti, una volta rientrati al lavoro, chiedono di avere il part-time.
Nel nostro Paese astensione dal lavoro per soli 3 giorni
In Italia la norma che regolamenta il congedo parentale prevede che entrambi i genitori, se sono lavoratori dipendenti e con figli di età inferiore agli 8 anni, possano stare a casa per un certo periodo (per i papà il congedo dura dai 6 ai 7 mesi) con la drastica riduzione di stipendio di cui sopra. Recentemente il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha introdotto l’obbligo dell’astensione dal lavoro per tre giorni consecutivi dopo la nascita del bambino. Ben poca cosa se ci paragoniamo alla Svezia dove i giorni sono 30 e alla Francia che concede 11 giorni.
Una nuova generazione di padri
Se da un lato i papà italiani che scelgono di stare a casa con i figli sono ancora pochi rispetto alla media europea, va detto che le nuove generazioni di padri, ovvero gli uomini che oggi hanno tra i 30 e i 35 anni, che vivono nel Nord Italia, con buoni titoli di studio e compagne che lavorano, stanno sperimentando giorno dopo giorno un nuovo modo paritario di essere papà. Si tratta quindi di papà estremamente collaborativi, che potrebbero essere definiti quasi “perfetti” e che si danno tanto da fare quanto più la compagna è impiegata a tempo pieno ed economicamente “forte”. Volendo tracciare un profilo statistico di questi nuovi papà, i dati italiani sono incoraggianti: si arriva a un 88 per cento di papà che non solo gioca con i figli, ma li lava, li veste e cucina per loro. Non sarà ancora una rivoluzione, ma si stanno facendo grossi passi in avanti per quanto riguarda il raggiungimento di un’intercambiabilità dei compiti della mamma e del papà.