Educazione al consenso: quando si insegna ai bambini e come fare

Alberta Mascherpa A cura di Alberta Mascherpa Pubblicato il 29/08/2023 Aggiornato il 29/08/2023

L’educazione al consenso dovrebbe partire sin dalla primissima infanzia. Si tratta infatti di un passaggio fondamentale per la crescita che permette di diventare adulti consapevoli e responsabili. Le esperte suggeriscono ai genitori quando e come procedere.

Educazione al consenso: quando si insegna ai bambini e come fare

L’educazione al consenso è un momento chiave del lungo processo di crescita di un bambino e che lo conduce verso una vita adulta consapevole e responsabile. La sua centralità nel processo educativo emerge con forza, oggi più che mai, di fronte agli ultimi drammatici fatti di cronaca che pongono interrogativi non solo ai genitori ma all’intera comunità adulta. Vediamo quindi con l’aiuto di due esperte cosa significa educare al consenso, quale è il ruolo dei genitori in questo processo e come è possibile per loro insegnare ai bambini il rispetto di sé e dell’altro, dei confini e delle emozioni, proprie e altrui.

Educazione al consenso: che cosa è?

«Il consenso è la base di tutto, permea tutte le dimensioni della vita, non solo la sessualità» rispondono a due voci la dottoressa Giulia Marchesi, psicologa e sessuologa e la dottoressa Francesca Palazzetti, doula che insieme dal 2021 propongono “L’albero del consenso”, webinar rivolto a genitori e educatori della fascia 0-8 anni per aiutare le persone a riconoscere il consenso e renderlo pratica quotidiana. «Educare al consenso significa educare al rispetto di sé e degli altri, al rispetto dei confini che riguarda sicuramente i corpi, ma non solo visto che coinvolge anche tutto quanto concerne le emozioni e le relazioni». Educare al consenso significa innescare un percorso virtuoso che permette di aver coscienza di quello che si prova e si sente in prima persona, ma anche di quello che sente e che prova l’altro. Essere educati al consenso vuole dire riuscire a comprendere le emozioni, saperle esprimere e saperle decodificare quando provengono da un’altra persona. In parole semplici: educare al consenso significa educare ad accettare l’altro, le sue volontà e le sue diversità. «Essere educati al consenso permette con la crescita di arrivare a una relazione sana di amore e di rispetto, a una vita sessuale appagata e appagante, a una realizzazione di sé libera in mezzo ad altre persone altrettanto libere» concludono le esperte.

Perché si deve educare al consenso?

Tutto quello che i bambini sanno lo imparano dai genitori o dalle figure di riferimento che possono essere gli educatori, i maestri e così via. Nulla dovrebbe essere dato per scontato. «In questa ottica anche il consenso va insegnato» precisano le esperte. «Si ritiene erroneamente, infatti, che ragazzi e ragazze debbano capire il senso dei confini, averne conoscenza e quindi rispettarli come se questo fosse qualcosa di ovvio e di automatico. Ma non lo è: allenarsi al consenso è un esercizio giornaliero e per questo a volte può sembrare complesso e faticoso per i genitori». Ma è comunque premiante dal momento che è proprio grazie a una puntuale e costante educazione al consenso che è possibile crescere adulti consapevoli, capaci di rispetto verso se stessi e verso gli altri. «E’ chiaro in questa ottica che solo persone adulte educate al consenso possono a loro volta educare quelle che stanno ancora crescendo» commentano le esperte. «Proprio per questo i genitori possono aver bisogno di un supporto che li aiuti a riconoscere il consenso nel quotidiano, non solo nel tocco ma anche in molte altre situazioni che a prima vista potrebbero sfuggire». Perché, come non ci si può aspettare che adolescenti e adulti maneggino il consenso se nessuno ha mai insegnato loro a farlo, così non ci si può aspettare che persone adulte sappiano vivere e trasmettere la consapevolezza del consenso se neppure loro sanno bene identificarlo nel quotidiano.

A che età si insegna il consenso? Tutte le fasi

«Presto, molto presto» è la risposta delle esperte. «E’ necessario, infatti, un lavoro sin dalla primissima infanzia, potremmo dire praticamente dalla culla, ma in particolare nella fascia dai due agli otto anni, perché educare al consenso significa fare prevenzione. Vuol dire fornire ai bambini gli strumenti per comprendere cosa significhi nel concreto la parola “consenso”, per assorbirlo, per farne una pratica da mettere in atto, ogni giorno, con tutte le persone, in ogni contesto e in ogni situazione». In sostanza si tratta di una sorta di “allenamento” al consenso che, giorno dopo giorno, porta i piccoli prima, gli adolescenti poi, ad avere consapevolezza di sé e dell’altro, a riconoscere che esistono confini, fisici ma anche psicologici, che non possono essere oltrepassati, emozioni, sensazioni, opinioni che vanno sempre rispettate anche se diverse dalle proprie. Ovviamente in base all’età cambiano i contesti in cui mettere in pratica il consenso. Se nell’infanzia lo si può “leggere” tra le azioni quotidiane all’interno del nucleo familiare, con la crescita il consenso si va mano man ampliando alla rete delle relazioni più vicine fino al complesso sistema di interazioni che corrono via web. «È la ragione per cui nel prossimo webinar che terremo abbiano inserito un intervento, oggi imprescindibile, anche sull’educazione al digitale visto che il mondo dei social è una realtà che i bambini si trovano a frequentare sempre più precocemente» commentano le esperte.

Come insegnare ai bambini il consenso e renderli adulti consapevoli

Il consenso riguarda tutti gli aspetti della vita e l’educazione al consenso è una dimensione che genitori e figli possono costruire insieme sin dalla primissima infanzia. «E’ la ragione per cui ci sono decine e decine di situazioni dalle quali i genitori possono prendere spunto per mettere in luce l’importanza del consenso» commentano le due esperte. «Si va dall’igiene personale alle attività ricreative, dalle visite mediche alla gestione dei rapporti familiari: gli adulti di riferimento possono allenare il loro sguardo e diventare a loro volta esempio e sostegno per i più piccoli». Perché, va sempre ricordato, i bambini imparano guardando i genitori: osservano i loro comportamenti, li interiorizzano e li riproducono. E’ basilare quindi che i genitori per primi mettano in pratica cosa significhi “consenso” nei gesti di tutti i giorni. Anche i più comuni: i genitori possono chiedere al bambino il suo consenso per lavarlo, piuttosto che per vestirlo o baciarlo. Il consenso può essere uno strumento da adottare persino nei confronti degli animali: prima di accarezzare un cane è importante chiedere il consenso al padrone che sa bene se l’animale desidera o meno essere oggetto di attenzioni da parte di sconosciuti.

 

Crescendo cambiano i contesti, ma il meccanismo rimane identico. Come si può insegnare a un bambino a non mettere in rete foto di qualcuno senza il suo consenso se sono per primi i genitori a farlo? Non a caso di recente si è aperto un ampio dibattito sul tema dello sharenting, cioè della messa in rete da parte dei genitori di foto e filmati dei figli senza il loro consenso. E come si può insegnare a un adolescente a non usare i social come strumento per insultare e denigrare gli altri arrivando fino al cyberbullismo, se spesso sono i genitori stessi a farlo? L’educazione al consenso parte quindi dal rispetto, sin da piccoli, di tempi, emozioni, sensazioni e desideri. «Il consenso esiste anche dove non lo vediamo e per questo è importante allenarsi a scoprirlo»continuano le esperte. «Esiste nei tocchi come negli abbracci, nei tempi da rispettare in ogni situazione, a tavola come nei giochi, nei vestiti e nelle parole. Un consiglio generale che ci sentiamo di dare è di ascoltare sempre bambine e bambini» spiegano le esperte. «Di dare importanza a quello che pensano, dicono, esprimono, ma soprattutto di dare ascolto ai loro no. Questo non significa assecondarli, viziarli o derogare dalle regole, ma dar loro spazio e fargli arrivare il messaggio che teniamo in considerazione ciò che ci dicono, che il loro sentire per noi è importante. Si tratta in sostanza di passare dall’imposizione all’ascolto considerando il bambino, per quanto piccolo, una persona con la propria individualità da rispettare nella sua interezza». Sono i genitori in primis che, cambiando il loro modo di avvicinarsi ai bambini, accettando i loro no, allenandosi a esprimere in prima persona le loro emozioni, possono offrire ai bambini l’opportunità di essere più consapevoli verso se stessi e verso gli altri.

Educazione al consenso, tutti i libri utili ai genitori

Educare al consenso è un percorso lungo che richiede tempo e impegno da parte dei genitori. In supporto a questa loro opera, basilare per una crescita sana e responsabile, possono venire alcuni libri da leggere insieme ai piccoli. Ecco i suggerimenti delle esperte.

“Dai un bacio a chi vuoi tu – impara il rispetto dei confini personali, tuoi e degli altri”, Rachel Brian, De Agostini editore. Consigliato anche da Amnesty International , è un libro incentrato sul tema del consenso che viene affrontato da diversi punti di vista, il corpo, il contatto con le persone, la condivisione delle foto. Chiarezza nelle parole e semplicità nei disegni ne rendono immediata la comprensione. Il concetto di consenso è spiegato attraverso una serie di esempi concreti che riguardano la sfera personale e quella altrui. «Alcune situazioni sono molto chiare, altre meno: è importante infatti riconoscere che esiste una sorta di “zona grigia” dove definire i confini, propri e altrui, non è immediato e richiede una particolare attenzione e una pratica costante del consenso» commentano le esperte. «Interessante è il fatto che si tratti di un libro che può essere fruito a velocità diverse in base all’età di chi lo approccia. Questo fa capire che l’educazione al consenso è un processo lento e progressivo che richiede da parte dei genitori di prendere e riprendere i concetti, in più momenti e con modalità diverse in base all’età dei figli». Il libro consente proprio di fare questo: se con i più piccoli si possono semplicemente osservare le illustrazioni, si può passare poi a commentare insieme il testo, fino ad arrivare alla lettura autonoma da parte dei più grandi.

“It’s my body- a book about body privacy”, Louise Spilsbury, editore Franklin Watts.«Questo libro è la testimonianza di come i concetti di consenso, rispetto dei confini, intimità e privacy possano essere affrontati in modo molto semplice e immediato» spiegano le esperte. «E questo può essere utile non solo per i bambini, ma anche per i genitori in modo che possano capire che l’educazione al consenso è sicuramente un tema da affrontare con precisione e puntualità, ma senza ansie, lavorando su concetti di immediata comprensione per i piccoli». Il libro, scritto in un inglese semplice e quindi facilmente fruibile, parte cercando di far capire che tutti i corpi sono diversi e quanto sia importante aver cura del proprio corpo, saperne leggere i segnali e rispettarli. Prosegue trasmettendo con naturalezza il concetto che alcuni tocchi, gesti, parole, messaggi possono dare fastidio anche se provengono da persone vicine come i genitori e i parenti. E che bisogna quindi saper dire di no anche a chi ci vuole bene. La presenza di una guida rivolta ai genitori aiuta ad utilizzare al meglio il testo; nella parte finale vengono citati poi una serie di altri libri utili per supportare l’educazione al consenso.

In breve

L’educazione al consenso dovrebbe partire sin dalla primissima infanzia. Si tratta infatti di un processo fondamentale per la crescita di adulti responsabili. Il consenso riguarda tutte le dimensioni della vita ed è per questo che i genitori possono trovare moltissime occasioni per trasmettere l’importanza del consenso. Occasioni che ovviamente cambiano con la crescita: il consenso con i più piccoli riguarda infatti l’ambito famigliare per passare poi con l’età a quello delle relazioni, sia reali con il gruppo di pari e gli adulti sia virtuali sul web.

 

Fonti / Bibliografia

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