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La dislessia è un disturbo della lettura che riguarda correttezza, velocità e comprensione del testo e delle parole. Chiamata più precisamente dislessia evolutiva perché si manifesta in età evolutiva, nel periodo che va dalla nascita ai 18 anni, soprattutto nel periodo della scolarizzazione, ovvero quando i bambini si confrontano con le prime difficoltà di apprendimento nella lettura.
I segnali di dislessia nei bambini
Il segnale tipico della dislessia è la difficoltà a leggere correttamente o fluidamente. “Di solito, la capacità di lettura corretta e fluida si acquisisce alla fine del secondo anno della scuola primaria” spiega la dottoressa Deny Menghini, responsabile dell’Unità Operativa di Psicologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
“In una percentuale di casi, tale capacità non viene acquisita. Questi bambini, già all’ingresso nella scuola primaria, possono mostrare difficoltà nelle abilità metafonologiche, che implicano una consapevolezza dei suoni che compongono le parole e permettono, ad esempio, di trovare parole che iniziano o terminano con gli stessi suoni, come le rime”.
Le difficoltà di lettura si possono accompagnare anche a problemi nella comprensione del testo letto. A volte i segnali di difficoltà si manifestano già alla scuola per l’infanzia, per esempio se un bambino ha un vocabolario limitato e fatica ad acquisire nuovi termini e a imparare filastrocche o semplici poesie.
Tra i segnali di dislessia più evidenti:
- una lettura stentata e poco fluida
- saltare parole o intere frasi
- confondere lettere graficamente simili tra loro, per esempio d/b, p/b, p/q, a/o e così via
- non riuscire a memorizzare i giorni della settimana o i mesi dell’anno
- non essere in grado di imparare una poesia o una filastrocca
- faticare a prendere appunti durante una spiegazione perché non riesce ad ascoltare e a scrivere contemporaneamente
- avere difficoltà a esprimere il proprio pensiero a causa di un vocabolario personale molto ridotto.
Secondo le statistiche, attualmente la dislessia riguarda circa il 5% dei bambini. È importante fare la diagnosi quando un bimbo mostra difficoltà nella lettura, alla fine del secondo anno della primaria. In questo modo è possibile mettere in atto interventi come l’uso del tablet e le verifiche su misura a scuola. Al bambino può quindi essere assicurato un normale e proficuo apprendimento.
Come leggono i dislessici?
E’ importante capire come avviene la lettura di un bambino dislessico, per comprendere le sue difficoltà davanti al testo e fornirgli il supporto necessario, senza spazientirsi.
- Nei bambini con dislessia le pause sono molto più frequenti, gli occhi tornano spesso indietro sulla riga, da destra a sinistra, oppure saltano alla riga successiva e poi tornano indietro. Inoltre tendono a restare più a lungo sulla stessa parola.
- Il piccolo con dislessia ragiona per concetti concreti, attraverso immagini che riesce a rappresentare nella sua mente. Di conseguenza le parole gli appaiono come un insieme di segni senza senso. Per questo si sente disorientato e tende a saltare le parole, o a interpretarle in modo libero.
- Vede segni confusi, parole capovolte, prive di una o più lettere, percepisce le doppie come consonante singola, interpreta e quindi legge nello stesso modo parole o lettere che per lui sono identiche (pane/cane, per/pre, p/d, b/q e così via)
- Si verifica anche il cosiddetto “effetto Crowding” ossia affollamento visivo. Ha cioè difficoltà a identificare una parola quando è in mezzo alle altre. Questo succede perché il bambino con problemi di dislessia ha movimenti oculari diversi rispetto ai normolettori. Questi hanno un movimento degli occhi fluido, che procede da sinistra a destra, con movimenti (chiamati saccadi) intervallati da pause brevi.
Diagnosi di dislessia: cosa fare?
Una volta che si ha il sospetto che il bambino abbia un problema di dislessia, è opportuno approfondire. Infatti il disturbo non guarisce spontaneamente e l’intervento di genitori e insegnanti, per quanto volenterosi, non basta a risolverlo. Una dislessia che non viene diagnosticata e senza un intervento specifico causerà sempre problemi scolastici e quindi anche sociali e lavorativi.
Al contrario, con gli strumenti giusti, il bambino potrà riuscire ad apprendere in modo adeguato. L’iter diagnostico può essere iniziato solo alla fine della seconda classe della scuola primaria, anche se alcuni segnali predittivi possono comparire già alla scuola per l’infanzia.
La segnalazione viene inoltrata alla Asl di appartenenza del bambino e viene presentata dai genitori, i quali a loro volta sono spesso indirizzati dagli insegnanti.
Escludere altri problemi
La diagnosi di dislessia vede la partecipazione di diverse figure professionali: il pediatra, lo psicologo, il neuropsichiatra, il neurologo, il logopedista, l’otorino, l’oculista. Prima di tutto si devono eseguire diversi esami per escludere che le difficoltà di lettura siano dovute a un problema della vista o dell’udito, oppure a un deficit cognitivo.
La dislessia infatti non è legata ad alcuno di questi problemi. Inoltre vanno esclusi altri disturbi, come forme di epilessia e si valuta anche la presenza di Adhd, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività che si può presentare contemporaneamente alla dislessia.
Infine si eseguono test specifici sulla lettura. Per esempio, al bambino viene chiesto di leggere un brano, una lista di parole di senso compiuto e di parole senza senso e si valutano velocità di lettura ed errori compiuti. Viene verificata anche la comprensione del brano letto. A questo punto si emette la diagnosi di dislessia.
Esercizi per la dislessia e programmi PDP
La legge 170 del 2010 prevede, per i bambini con diagnosi certa di dislessia, il cosiddetto PDP, ossia il Piano didattico personalizzato. Il piccolo può quindi utilizzare tablet, mappe concettuali, vocabolario elettronico, può registrare le lezioni e ricorrere ad altri strumenti compensativi di questo tipo.
Inoltre, gli insegnanti possono applicare le cosiddette “misure dispensative”: il bambino con dislessia avrà una verifica con meno domande, oppure un testo più comprensibile o calcoli più semplici da eseguire. Il Piano prevede anche la figura del tutor compiti, che fornisce al piccolo strategie per apprendere meglio e insegna come organizzarsi nella pratica.
Può essere un insegnante, un logopedista oppure uno psicologo, che aiuta nel metodo e che non va identificato con un insegnante di ripetizioni.
Il ruolo degli insegnanti
Gli insegnanti devono saper cogliere questi segnali di difficoltà, concentrandosi in particolare su tre aspetti:
- Presenza di errori in un testo scritto in quantità decisamente elevata rispetto a quello che ci si aspetterebbe per la classe frequentata: problema di correttezza;
- Lettura di un testo molto più lenta rispetto alle competenze che dovrebbero essere acquisite: problema di velocità;
- Difficoltà nella comprensione di un testo: problema di comprensione.
Le ripercussioni psicologiche sul bambino
Per un bambino non è facile convivere con un problema come la dislessia. Il piccolo si rende infatti conto della propria difficoltà e si sente presto demotivato, pur avendo iniziato la scuola con entusiasmo. In classe inizia a rifiutare le attività scolastiche, è soggetto a stress e preoccupazione perché non riesce a stare al passo con gli altri. Per questa ragione è importante che anche i genitori non sottovalutino alcune situazioni.
Un bambino che, per esempio, inizia la scuola con entusiasmo e che poco per volta perde vitalità e coinvolgimento, potrebbe avere un problema di dislessia. Attenzione, per esempio, se compaiono nervosismo, crisi di ansia o insonnia nel bambino in coincidenza di verifiche e interrogazioni di fine quadrimestre. Quello che potrebbe sembrare stress o affaticamento per lo studio potrebbe infatti nascondere un disagio dovuto a dislessia.
Le cause della dislessia
La dislessia fa parte dei disturbi dell’apprendimento o DSA come
- la disortografia: è un disturbo della scrittura che rende inevitabile un gran numero di errori ortografici o fonografici (sostituzione di p/b, c/g, f/v, t/d, ci/chi, ga/gia, errori nelle doppie, accenti, apostrofi, salti di lettere o sillabe, inversioni, ecc.);
- la disgrafia: è un disturbo nella grafia, intesa come abilità grafo-motoria di scrittura (“scrivere male” o essere molto lenti);
- la discalculia: il bambino fatica a fare le operazioni, a memorizzare le tabelline, non riesce a contare all’indietro, a leggere o scrivere correttamente i numeri e a ordinarli in modo crescente o decrescente.
La dislessia è un disturbo neurobiologico, dovuto a una concorrenza di diversi fattori. È quasi certo che nella sua insorgenza siano coinvolti circa 10 geni, come è stato provato da studi condotti sui gemelli. Tuttavia non è stato ancora possibile identificare un unico gene responsabile della comparsa del disturbo.
L’origine genetica è confermata anche dal fatto che la dislessia tende a comparire all’interno della stessa famiglia: un bambino che ne è soggetto ha molto probabilmente un fratello o un genitore con questo stesso problema. I piccoli con dislessia non presentano deficit cognitivi. A volte, però, possono comparire insieme dislessia e Adhd, ossia il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.
La teoria sulla relazione tra ritmo e dislessia
Ricercatori italiani hanno condotto uno studio, coordinato dall’Università di Milano-Bicocca e realizzato in collaborazione con l’Istituto Besta, pubblicato su Scientific Report che afferma che il ritmo ci consente di prevedere il futuro che si verificherà nell’immediato, all’incirca mezzo secondo dopo, e di conseguenza ci permette di agire al momento giusto: il requisito ideale per leggere correttamente e in maniera fluente.
Hanno partecipato allo studio due gruppi di adulti (età media 22 anni), di cui 15 con dislessia e 23 controlli (cioè a sviluppo tipico), e due gruppi di bambini (età media 9 anni) di cui 18 con dislessia e 29 controlli.
Dall’indagine è stato rilevato che il ritmo, che troviamo nel linguaggio e nella musica, ci permette di estrarre la struttura temporale di una successione di eventi come parole o suoni e di usarla per prepararci a un evento futuro (ad esempio la parola che dovrò pronunciare immediatamente dopo quella che sto pronunciando adesso) e quindi per anticipare quel che accadrà mentre non ho ancora finito di elaborare l’evento presente.
In altre parole, il ritmo permette una sfasatura tra quello che stiamo dicendo e quello che stiamo guardando: nella lettura, mentre stiamo pronunciando una parola non guardiamo questa ma stiamo già osservando la parola successiva. Solo in questo modo possiamo leggere in modo fluente. Allo stesso modo mentre si suona un tasto del pianoforte, le dita sono già preparate per il successivo.
I ricercatori hanno dimostrato che le persone con dislessia hanno difficoltà a leggere fluentemente perché presentano minori capacità di anticipazione e ritmo: non sono in grado di anticipare la parola successiva a quella che stanno pronunciando.
Secondo Maria Teresa Guasti, docente di glottologia e linguistica e coordinatrice della ricerca, questa ipotesi permette di capire perché un allenamento ritmico o una pratica musicale possono essere d’aiuto per le persone con dislessia: infatti musica e danza allenano la capacità di anticipare il futuro e quindi migliorano la sfasatura tra voce e sguardo su cui si basa una lettura fluente.
Il ruolo dei genitori
Novakid, la scuola di inglese online per bambini dai 4 ai 12 anni, ha intervistato Teagan Evans, una delle sue insegnanti, anche terapista occupazionale pediatrica che si occupa di bambini con difficoltà di apprendimento.
“Quello che ricordo sempre ai genitori è che anche loro sono protagonisti del percorso educativo del proprio figlio. Hanno il potere di controllare l’assistenza fornita al figlio, la quantità di esercizi (o di compiti a casa) da svolgere e devono verificare che le raccomandazioni dell’insegnante siano portate avanti. I genitori sono i partner fondamentali di noi insegnanti: “risolvere” le difficoltà di apprendimento del bambino, senza il sostegno dei genitori è molto difficile. Per esperienza ho visto che quando i genitori sono d’accordo e seguono le raccomandazioni fornite, i progressi sono di solito molto più rapidi.”
E per i bambini con difficoltà di apprendimento, la scuola propone delle strategie ad hoc e che cambiano da bambino a bambino, anche se presentano lo stesso disturbo di apprendimento. “Esistono poi delle strategie comuni. Prendiamo come esempio i bambini affetti da ADHD: una delle caratteristiche di questo disturbo è l’irrequietezza e la necessità di muoversi in continuazione, per questo durante la lezione online consiglio ai genitori di questi bambini di sostituire la sedia con una palla da ginnastica. È uno strumento che li aiuta a regolare il loro bisogno di muoversi. Per aiutare la concentrazione, invece, chiedo sempre che la lezione possa svolgersi in un contesto con confini precisi e dove non vi siano fonti di distrazione (luci, suoni, voci, passaggio di persone). Nel rivolgermi al bambino, poi, è essenziale affidarsi a istruzioni brevi e introdurre pause mirate che gli consentano di muoversi. È infine molto importante incorporare nella lezione il “movimento”: per esempio quando insegno le preposizioni “su” e “giù” chiedo loro di muoversi mimando la direzione. “