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“Scent of male”. Nella parafrasi del titolo del famoso film del 1992 “Profumo di donna” si potrebbero sintetizzare i risultati dello studio condotto da un gruppo di ricercatori del dipartimento di bioscienze molecolari della Northwestern Weinberg College of Arts and Sciences (Stati Uniti), che hanno scoperto che gli esemplari maschi di alcuni animali emettono delle particolari molecole (feromoni) che condizionano il comportamento delle femmine della stessa specie, spingendole a riprodursi in anticipo e allungando il tempo della riproduzione.
Così l’organismo femminile invecchia prima
Lo studio, pubblicato sulle pagine della rivista Current Biology, mette però in evidenza che, se da una parte l'”essenza di maschio” accende la passione e la fertilità nelle femmine, dall’altra ha come effetto collaterale l’accelerazione del processo di invecchiamento dell’organismo femminile.
Il ruolo dei feromoni
Ilya Ruvinsky e colleghi per giungere alle loro conclusioni hanno utilizzato piccoli vermi nematodi trasparenti: hanno così potuto identificare due feromoni prodotti dai maschi che influenzano la riproduzione femminile.
Due segnali
“Uno dei due feromoni che abbiamo identificato – spiega Ruvinsky – fa sì che nelle femmine giovani l’esordio della pubertà risulti più precoce. L’altro segnale, invece, rallenta l’invecchiamento del sistema riproduttivo nelle femmine mature, mantenendole fertili più a lungo. L’effetto collaterale, però, è che con questi cambiamenti l’invecchiamento dell’organismo femminile subisce un’accelerazione”.
Implicazioni possibili anche per l’uomo
Ricerche precedenti avevano già messo in evidenza anche nei topi il meccanismo di anticipazione della pubertà, e che anche nei mammiferi i maschi producono segnali in grado di manipolare i tempi della maturazione sessuale delle femmine; sebbene quest’ultimo studio sia stato condotto su vermi nematodi, “i nostri risultati mettono in evidenza la possibilità intrigante che possa esserci un meccanismo di base che controlla lo sviluppo sessuale simile in tutti gli animali – conclude Ruvinsky -. A causa di questa universalità i nostri risultati potrebbero avere implicazioni anche per gli esseri umani”.